Un alpino di Cadegliano e la tragedia dell’Ortigara, “si aspetta l’ordine di partire ma non si sa dove si va”

La toccante testimonianza di un soldato nelle nostre valli dal fronte in una delle battaglie più inutili e sanguinose della Grande Guerra: 17 mila fra morti, feriti e dispersi. Da quei campi venne riesumata una delle 11 salme fra cui venne poi scelta quella del Milite Ignoto

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Una piccola perla che esce dalle pagine del romanzo “Linea Cadorna”, Virgilio Edizioni, 2018, scritto dal professore e storico Carlo Banfi di Brissago Valtravaglia. Si tratta di una lettera scritta dall’alpino Francesco Porra di Cadegliano Viconago nel 1917.Racconta alla sorella Rosa la battaglia dell’Ortigara, a cui ha preso parte, uno dei luoghi in cui vennero riesumate le 11 salme fra le quali venne scelta quella del Milite Ignoto.
(ac)

La signora Rosa Porra, la moglie del Giovanni, aveva invece perso il fratello Francesco, caporale degli alpini, caduto il 5 febbraio 1918. Aveva passato al Pèdar una lettera che veniva dal fronte e portava la data del 1 luglio 1917:

“Cara Sorella oggi ho ricevuto la tua gradita cartolina sento che tu desideri sapere mie notizzie lo sai bene che c’è la censura; ne avrei tante da raccontarti ma non oso (la scrittura in diversi tratti risultava indecifrabile) perché sciuppano … … ieri o ricevuto notizzie che stanno tutti bene questo fa molto piacere per uno che si trova in queste montagne … … in mezzo ai pericoli. Per quanto alle vite certe volte sono aspre ma adesso è un po’ di giorni che siamo tranquilli il giorno brutto è stato il giorno 10 di giugno ed il giorno 19 al 20 stesso mese allora ti garantisco sorella non ti sapevi più … … di qui o di la dall’altra … … era il giorno del giudizzio … … più di 2000 cannoni … … calibri che tuonavano e … … non discorrere più perché … … azzione ancora ma adesso sono in riposo siamo in attesa di partire per un altro fronte. Adesso ci troviamo qui sui altipiani di Asiago sul monte Zebio ma adesso … … andiamo via tutte le ore si aspetta l’ordine di partire ma non si sa dove si va. Fin’ora io vado avanti ancora come per la salute cosa vuoi qui non ti fanno tanta attenzione bisogna sempre andare. O sentito che la tua suocera è un po ammalata cosa vuoi sono disturbi vecchi quelli li che … … non tener calcolo poco o … … si sentiranno sempre ma … … se non sono morto qui come mi credevo prima di partire non si muore più … … dalle volte una palla allora cambia. Coraggio tu non credi come sono ancora calmo per sino il mio tenente mi a già proposto caporale per meriti di guerra: … … mi danno i galloni Dunque … … di scrivere … … ringrazzio … …di questa cartolina che tanto mi ha fatto piacere per … … ricevi cento baci a te Giovanni e i bambini e tanti saluti a Marta e Felice a tutti in famiglia indistintamente.
il tuo affezionatissimo fratello Francesco Porra (Trentino)
La signora Rosa Porra dopo la guerra si era documentata su quelle date del 10 giugno e del 19 al 20 stesso mese, come pure sui luoghi, Altipiano di Asiago e Monte Zebio, di cui il fratello raccontava nella lettera.
Aveva partecipato come alpino alla battaglia del monte Ortigara una delle più sanguinose e “inutili” del conflitto. Era iniziata il 10 giugno 1917 e continuata con vicende alterne e perdite enormi per entrambi gli schieramenti – ma in particolare per quello italiano – fino al 29 dello stesso mese, quando i nostri soldati ricevettero l’ordine di rientrare sulle linee di partenza. Fino al 20 furono le nostre truppe a mantenere un atteggiamento offensivo, di seguito dovettero sostenere il contrattacco austriaco. I morti, i feriti e i dispersi per l’esercito italiano furono più di 17 mila, 8800 circa quelli austriaci.
Le perdite più cruente si registrarono nel settore che vedeva protagonisti gli alpini della 52a Divisione e in quello della Brigata Sassari, proprio sul Monte Zebio, martellati persino dalla nostra artiglieria. Questa parte del fronte era presidiata dalla VIa Armata sotto il comando del generale Ettore Mambretti.
Il mese successivo a quei terribili venti giorni sull’Ortigara, Mambretti verrà destituito da Cadorna e inviato sulla Frontiera Nord – Linea Cadorna.

Al Pèdar quando all’osteria del Bagàtt in qualche triste sera dell’inverno intonavano “Venti giorni sull’Ortigara/ senza il cambio per dismontaar/ ta-pum ta-pum ta-puum” gli veniva la pelle d’oca alla schiena perché conosceva bene le parole successive: “E domani si va all’assalto/ soldatino non farti ammazzaar// Quando poi si ridiscende a valle/ battaglione non hai più soldaa// Nella valle c’è un cimitero/ cimitero di noi soldaa”.

E quando poi con voce sommessa si bisbigliava “Cimitero di noi solda/ forse un giorno ti vengo a trovaar/ ta-pum ta-pum tapuum” gli veniva il magone e deglutiva amaro”.

(di Carlo Banfi, foto da “La difesa del Popolo”, settimanale della diocesi di Padova)

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 04 Novembre 2021
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