Fare gol coi dati
I big data conquistano anche il mondo del calcio. Grazie all'algoritmo usato da Noisefeed si riesce a sapere di ogni calciatore di tutto il mondo se gioca, non gioca e soprattutto perché non scende in campo
Due attaccanti della Juventus. Cristiano Ronaldo, acquistato per 120 milioni, 80 goal, partite non disputate per infortuni e malattie 14 in 3 anni, ceduto per 15 milioni. Paulo Dybala, 40 milioni, 74 goal, 53 partite non disputate per infortuni in 6 anni, valore di mercato attuale 50 milioni. Problema muscolare, sovraccarico, stiramento, infortunio all’inguine, alla coscia, al legamento collaterale mediale, coronavirus. La storia infortunistica di La Joya, è lunga e potrebbe zavorrare il futuro del gioiello argentino. Il valore dell’investimento dipende dal rendimento e sempre più dalla gestione degli infortuni.
Avete rotto il calcio. Questa è la frase con la quale il Corriere dello Sport evidenzia l’inusuale innalzamento di infortuni nella nostra Serie A. Secondo il quotidiano, infatti, sono già 237 i giocatori ai box in questa stagione con 1053 partite saltate. Tra le cause principali, ci sarebbe quella dell’eccessivo numero di partite giocate in poco tempo. Alcuni ritengono che un numero elevato di partite nel corso di una stagione non dovrebbe essere di per sé un problema per atleti d’élite. In teoria potrebbe contribuire ad estrarne tutto il potenziale sportivo. Tuttavia, quando il calendario diventa congestionato e i giocatori devono partecipare a partite consecutive senza riposo adeguato, questo ha un effetto dannoso sull’allenamento, gli esercizi tattici e il recupero. In una ricerca pubblicata da FIFPRO, la federazione internazionale delle Associazioni professionistiche dei calciatori, si definisce come zona critica la percentuale del tempo di gioco totale in cui il giocatore è stato in campo per almeno 45 minuti, ha giocato 45 minuti nella partita precedente e non ha avuto almeno 5 giorni di riposo tra le due partite.
I dati dicono che per un giocatore medio nel corso delle ultime tre stagioni la quota di minuti giocati in zona critica è costantemente aumentata. Nel 2018/19 la media dei minuti della zona critica è stata del 46%, è aumentata significativamente al 50% durante la stagione 2019/20, e fino al 53% nel 2020/2021. Ciò mostra chiaramente che il calendario delle partite è più congestionato per più giocatori dal 2018, nonostante l’introduzione della regola delle cinque sostituzioni in molte competizioni.
I ruoli più impattati da questa crescita sono stati il portiere, da 51 a 61% e l’attaccante, da 42 a 52% di tempo in zona critica. Ci sono alcuni atleti in particolare che sono a livelli da super-eroi. Sono giocatori internazionali al top delle loro squadre di club e nazionali, presenti quasi sempre in campo, passati da 60 a 67% di tempo nella zona critica negli ultimi 3 anni, con alcuni casi estremi come Kylian Mbappé, Lionel Messi, Harry Maguire, Samir Handanovic e Matthijs de Ligt, Bruno Fernandez. Quest’ultimo, portoghese del Manchester United, ha toccato spesso quota 100% durante l’anno in corso, diventando il giocatore più “spremuto” di sempre. E non c’è solo il tempo delle partite. Spesso il problema sono gli orari e i tempi di trasferimento. Ad esempio, Harry Kane, capitano della nazionale inglese, ha percosso 90k km in 3 anni di voli.
Fonte: https://www.fifpro.org/media/sufpfl5s/player-workload-monitoring-report-2021-men-s- football.pdf
Altri dati ci danno una visione prospettica. Uno studio scientifico longitudinale di 49 club calcistici da 19 paesi con 3302 giocatori dal 2000 al 2019 ha dimostrato che in 18 anni l’incidenza degli infortuni negli allenamenti e nelle partite è diminuita del 3% all’anno, i tassi di recidive sono diminuiti mediamente del 5% ogni anno e, quindi, è aumentata la disponibilità dei giocatori per l’allenamento e le partite. La diminuzione dell’incidenza degli infortuni osservata tra il 2001 e il 2019 può suggerire che le strategie di prevenzione degli infortuni dei club siano efficaci.
Fonte: https://bjsm.bmj.com/content/55/19/1084
Nonostante questi dati in parte positivi, il tema rimane fondamentale per ogni squadra, perché l’impatto sul valore dell’organico e gli effetti negativi causati dagli infortuni possono portare alla perdita di una partita cruciale o di un campionato. Dai dati pubblicati dall’Osservatorio di Innovazione del Barcelona Football Club emerge un quadro che ci aiuta a comprendere meglio il fenomeno.
In media due infortuni a testa all’anno. Una squadra di calcio professionistica composta da 25 giocatori subisce 50 infortuni in una stagione.
Le partite fanno molto più male. Il tasso medio di infortuni nel calcio professionistico è di 8,1 infortuni/1000 ore di esposizione, ma l’incidenza degli infortuni durante il gioco (36 infortuni/1000 ore di esposizione) è quasi 10 volte superiore al tasso di incidenza degli infortuni in allenamento (3,7 infortuni/1000 ore di esposizione).
Gambe tese e stese. L’84% degli infortuni è agli arti inferiori, con le lesioni a coscia (22% del totale), ginocchio (15%), caviglia (14%) e anca/inguine (11%) che complessivamente rappresentano oltre il 60% di tutte le casistiche. I muscoli e i legamenti sono coinvolti nel 57% dei casi.
Di solito si salta la partita seguente, a volte il campionato. Nel 38% dei casi gli infortuni sono leggeri e causano da 1 a 3 giorni di fermo; il 21% delle lesioni è modesto (4-7 giorni di stop); ma nel 25% dei casi ci sono lesioni più significative che comportano da 8 a 28 giorni di sosta, e infine ben il 10% dei casi comporta un arresto superiore al mese di gioco.
Si menano tutti. Il tasso di incidenza degli infortuni dei 5 principali campionati europei (Premier League in Inghilterra, Serie A in Italia, Bundesliga in Germania, Ligue 1 in Francia e La Liga in Spagna) non è diverso dal tasso di altri campionati professionistici in altri paesi.
Più la posta in palio è alta e maggiore il rischio. La frequenza degli infortuni dei tornei internazionali è superiore quasi del 30% a quello delle competizioni nazionali.
Per affrontare questa complessità, anche il mondo del calcio si è affidato ai big data, e l’Italia si dimostra innovatrice. Noisefeed Injuries, startup nata nel 2017 a Chiavari per opera di Nicolò Cavallo, contiene il più grande database tematico di tutti gli infortuni dei calciatori professionisti, utile a supportare le scelte in chiave mercato e aiuto allo sviluppo della carriera dell’atleta grazie allo studio dell’integrità fisica e alla conoscenza del suo storico infortuni. L’azienda già oggi annovera tra i propri clienti importanti club e federazioni in Italia, Europa e America. Noisefeed non ha alcun accesso alle cartelle cliniche dei calciatori. Utilizza un algoritmo molto evoluto che attraverso una combinazione di dati riesce a sapere di ogni calciatore di tutto il mondo se gioca, non gioca e perché non gioca. Se per scelta tecnica, perché infortunato o perché va in panchina. Questo algoritmo riesce ad analizzare le partite disputate in tutto il mondo con un motore di ricerca e con un controllo da parte della ventina di data analyst della società.
È uno strumento utile a molti ruoli. I cercatori di talenti che, con un accesso immediato e globale, possono fare le attività di scouting coadiuvati dai dati. I direttori sportivi che devono prendere le decisioni di trasferimento, sia di cessione che di acquisto, e gestire il rischio degli investimenti. Il medico sportivo che, avendo a disposizione materiale video e l’indice di incidente per parte del corpo, può preparare un piano dettagliato di valutazione medico sportiva dei nuovi arrivati. Il preparatore atletico che può predisporre un piano individuale di allenamento, convalescenza e recupero sulla base della storia personale di infortuni di ogni giocatore.
Anche se i giocatori vorrebbero giocare sempre, il corpo umano di questi lavoratori può usurarsi molto e in fretta con l’intensità e la frequenza d’uso richiesta dal business e, come in ogni business, anche nel calcio si gestisce meglio basandosi sui dati.
“I dati sono diventati il quarto fattore produttivo, dopo i classici terra, lavoro e capitale.” Vincenzo Cosenza.
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