Curare il cancro delle carceri

In Italia le persone detenute sono oltre 54 mila ma i posti effettivamente disponibili sono circa 50 mila suddivisi in 189 istituti penitenziari. Sovraffollamento, condizioni strutturali fatiscenti e poche prospettive alimentano le recidive

carcere

Il futuro del sistema carcerario italiano. Quanti e chi sono, come vivono, perché stanno in carcere le persone in Italia? Quale futuro è possibile? Undicesimo comandamento, per la giusta esecuzione dei primi dieci: se vuoi cambiare un uomo attraverso la meditazione e il pentimento, mettilo in una stanza piccola e nuda, in isolamento, con orari imposti e rigidi di sonno-veglia-alimentazione-lavoro. Se ci riesci, chiamerai quel luogo convento, se non ci riesci, carcere.

Questa è una fake-news. Il carcere non è nato con il primo uomo. Nel sistema di produzione pre- capitalistica il carcere come pena non esisteva. Nell’antica Roma il carcere non era una pena in sé, ma serviva a custodire il colpevole di un reato in attesa del processo ed il condannato alla pena capitale o alle altre pene corporali secondo la legge del taglione. Nella Roma repubblicana, le sentenze venivano eseguite immediatamente, poi, durante l’impero, le pene cominciarono ad essere meno rigide e le procedure più complicate per cui accadeva che passasse molto tempo tra la condanna e l’esecuzione. Il Tullianum, il carcere principale, consisteva di due grotte sovrapposte di cui quella al livello più basso aveva l’accesso da una botola ed era la cella vera e propria da cui era impossibile fuggire; la grotta superiore era il posto di guardia e dove venivano eseguite le condanne, di solito per decapitazione o strangolamento. «Fino al medioevo venivano chiusi in prigione i debitori, in attesa che onorassero i loro impegni, e coloro che attendevano di essere processati, per evitarne la fuga o per estorcere loro confessioni torturandoli. Era, insomma, un luogo di custodia, mentre nell’epoca moderna il carcere diventa la principale modalità di esecuzione della sanzione penale. Si può probabilmente sostenere che l’origine del carcere moderno non si trovi in quei luoghi di custodia, ma in un insieme di istituzioni chiuse pensate per altri scopi sociali: ospedali, ospizi, alberghi per poveri, case di correzione», spiega la storica Catia Alexandra Vieira. Infatti, in Italia troviamo la prima costruzione architettonica che possiede tali caratteristiche nella Casa di correzione del San Michele di Roma, inaugurata nel 1704 su ordine del papa Clemente XI.

Nei giorni nostri, a Halden in Norvegia, c’è il carcere “più umano del mondo”. La struttura di massima sicurezza, senza sbarre alle finestre e 350 agenti per 250 detenuti, è stata costruita nel 2010 con la visione “Chi vogliamo come vicino di casa?”, per puntare alla massima rieducazione e riabilitazione sociale possibile. È moderna e accogliente. Le camere singole con letto, frigo, libreria, TV, scrivania e una sedia, bagno privato con doccia, WC e lavandino. Negli ampi spazi comuni gli agenti e i detenuti trascorrono molto tempo insieme. Vige il concetto della sicurezza dinamica cui sono formati gli agenti che devono studiare gestione del conflitto, psicologia, criminologia, giurisprudenza e attività sociali ed etica. C’è un negozio di alimentari dove i detenuti possono acquistare tutto ciò di cui hanno bisogno di cucinare per sé stessi e l’un l’altro. C’è anche uno studio di musica chiamato «Criminal Records», un giardino, una sala santa, una mensa, una palestra, una sala formazione, una biblioteca, una sala computer, una casa per le visite di famiglia oltre che i laboratori di artigianato, grafica e meccanica. L’istituto offre ai detenuti l’opportunità di ricevere un’istruzione adeguata mentre scontano la loro pena. Inoltre vengono pagati 9 euro al giorno dallo Stato, che ha diritto di vendere i prodotti del loro lavoro, e non devono pagare le spese carcerarie o il vitto. La filosofia di fondo è che la reclusione non deve risultare sgradevole per le pessime condizioni di vita, per la violenza tra i detenuti o con questi e gli agenti, ma deve educare i detenuti al buon vivere. I detenuti, infatti, durante la loro permanenza devono lavorare, studiare, pulire gli spazi comuni e cucinare, ossia avere uno stile di vita “normale”. Risultato Holden ha una percentuale di recidiva, cioè di reclusi che, dopo aver scontato la pena di custodia, tornano a delinquere, del 20%.

Fantascienza? In gran parte sì. Guadagnarsi un posto nel paradiso degli istituiti di pena costa parecchio ovviamente. Si stima che il costo per detenuto a Halden sia di 120.000 euro all’anno, che, considerando la bassa recidiva, è un investimento con alti ritorni, che pochi però possono permettersi. Infatti, leggendo le notizie degli ultimi giorni sembra che nelle carceri “normali” del mondo non ci sia pace, come sempre. Nel carcere di Guayaquil in Ecuador, a seguito della violenta rissa tra bande rivali, ci sono stati 118 morti e circa 80 feriti. In Italia, nel carcere di Frosinone un detenuto ha sparato a 4 altri reclusi con una pistola recapitatagli con un drone. Nel carcere di San Cataldo, provincia di Caltanissetta, un agente penitenziario è stato arrestato per spaccio. Nel leccese, è stato arrestato l’evaso dal policlinico di Bari, dove era ricoverato dopo aver ingerito una lametta nel carcere della città.

L’Italia delle carceri è un universo articolato, in cui si trovano casi virtuosi (pochi) come quello noto di Bollate, con recidive non distanti dal modello norvegese; casi medioevali (pochi), come quello di Santa Maria Capua a Vetere e tantissimi casi nel mezzo, come il carcere di Busto Arsizio. In Italia, con 1 carcerato per 1000 abitanti, abbiamo un rapporto più basso di Spagna, Francia e Inghilterra, e ben inferiore a quello degli Stati Uniti, che, con oltre 2 milioni di detenuti, raggiunge il livello record mondiale di 6 ogni mille abitanti. Purtroppo questo non è un buon indicatore della qualità del sistema penitenziario, che ha una percentuale di recidiva del 69%, cioè non raggiunge il fine per cui è stato concepito.

Ad illustrare il tema con dati oggettivi, c’è il rapporto semestrale sulle condizioni di detenzione in Italia dell’associazione Antigone, che si occupa di tutelare i diritti delle persone che si trovano in carcere (https://www.antigone.it/upload2/uploads/docs/Rapportometaanno2021.pdf).

Quanti sono? Al 31 ottobre 2021 il numero di persone detenute in Italia era di 54.307, di cui 2.283 donne (4%) e 17.315 stranieri (32%). I posti effettivamente disponibili erano 50.851 per un tasso di affollamento reale del 107%. Ma con significative differenze tra i 189 istituti. Tra i peggiori Brescia, Bergamo, Brindisi e anche Busto Arsizio.

Come vivono? Nel carcere bustocco ci sono 395 detenuti, di cui 246 stranieri, rispetto a una capienza di 240 (tasso al 144%). “Alcune celle ospitano fino a 5 detenuti contemporaneamente e gli spazi sono al limite dei 3 mq”, si legge nella scheda della visita di Antigone compiuta a giugno 2021 (https://www.antigone.it/osservatorio_detenzione/lombardia/191-casa-circondariale-di- busto-arsizio). Ci sono 4 educatori previsti, ma effettivamente in organico solo 1. Ve lo immaginate un maestro con 395 alunni con bisogni speciali, non necessariamente molto motivati, in “classe”? Quindi si registrano 2 suicidi, 17 tentativi e 16 aggressioni con lesioni negli ultimi 12 mesi. Solo 90 lavorano all’interno del carcere. Nessuno è iscritto a corsi di formazione professionale. Si hanno 3 ore d’aria e massimo 30 minuti di videochiamate al giorno. Nessuna navigazione web.

In generale, nonostante alcuni miglioramenti, le condizioni strutturali delle carceri in Italia rimangono precarie, ancora con presenza di wc a vista nelle celle o senza docce e acqua calda nel 30% degli istituti. Nella Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, oggetto di particolare attenzione recentemente a causa delle violenze degli agenti a 300 detenuti, l’acqua nelle celle è particolarmente ferrosa e di colore torbido, non potabile. Vengono distribuite due bottiglie da due litri al giorno a ogni detenuto.

Per quale ragione e chi mettiamo in carcere? In Italia, si va in carcere soprattutto per droga. I detenuti per violazione del Testo Unico sulle droghe erano 19.260, un terzo del totale (il 33% di questi è straniero), mentre la percentuale dei tossicodipendenti sul totale degli ingressi annuali è cresciuta dal 28 al 39% negli ultimi 15 anni. I detenuti stranieri gravano per il 32% del totale, in calo dal 36% di 10 anni fa, con 4 nazionalità che rappresentano la maggioranza: marocchini (19%), rumeni (12%), albanesi (12%), tunisini (11%). Una quota quadrupla rispetto all’8% di tutti gli stranieri sulla popolazione a livello nazionale.

Quanto ci costano? In teoria in Italia ogni detenuto condannato in via definitiva deve pagare oltre alle spese processuali anche quelle del suo mantenimento in carcere, portando il costo teorico a circa 4000 euro all’anno a detenuto. In realtà solo meno del 2% salda il conto, perché i fondi per pagare lo stipendio sono esigui. Di fatto spendiamo 3 miliardi all’anno (terzi dopo Russia e Germania in Europa) per il funzionamento delle carceri per adulti, di cui il 68% è impiegato per gli stipendi dei 32.500 agenti di polizia penitenziaria (a fronte dei 37.181 unità previste in organico). Quindi, in media, una detenzione, tutto compreso, ci costa poco meno di 60.000 euro all’anno pro- capite.

Che cosa fanno? Lavora un terzo della popolazione detenuta, di cui l’88% alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria per i servizi dell’istituto e la manutenzione ordinaria dei fabbricati e il restante per datori di lavoro esterni, di cui la maggior parte è impiegata in attività all’interno degli istituti penitenziari stessi per conto di cooperative in attività domestiche. Gli altri giocano a carte, guardano la televisione e la prigione entra nella loro testa.

L’articolo 27 della Costituzione afferma: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”. Durante la loro visita al carcere di Santa Maria Capua Vetere, il Presidente del Consiglio Mario Draghi e la Ministra della Giustizia Marta Cartabia hanno annunciato importanti riforme riguardanti il sistema penitenziario. Le idee ci sono. I fondi del PNRR anche. Ridurre i tempi della giustizia, rivedere le pene, costruire migliori prigioni, abrogare e depenalizzare alcuni reati, aumentare ulteriormente l’accesso alle misure alternative al carcere (che portano il tasso di recidiva verso il 20%). Il mix ottimale è spesso oggetto di strumentalizzazioni politiche e ideologiche. Al di là della retorica delle posizioni, conta l’efficacia. Avere un sistema che in parte potenzia e consolida sistemi criminali di potere, trasformando giovani adulti che hanno sbagliato in criminali incalliti e pericolosi, non è una misura di successo. È urgente agire, bene.

Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione”, François-Marie Arouet, meglio conosciuto come Voltaire, il padre dell’Illuminismo.

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Pubblicato il 23 Gennaio 2022
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