Scuola in presenza perché la Dad crea disuguaglianze sul futuro dei ragazzi
Il premier Draghi spiega perché il governo respinge il ricorso generalizzato alla Didattica a distanza guardando alle disparità già causate, al confronto con l'Europa e al futuro dei ragazzi
«Non ha senso chiudere la scuola prima che chiuda tutto il resto»: lo ha ribadito nella conferenza del 10 gennaio il premier Mario Draghi spiegando le ragioni per cui il governo italiano respinge il ricorso generalizzato alla Didattica a distanza.
Le diseguaglianze tra scolari, tra chi ha subito maggiore o minore ricorso alla Didattica a distanza, provocano danni destinati a influenzare il futuro dei ragazzi, sia in termini di vita lavorativa, sia di reddito: «Per questo la priorità del governo è che la scuola sia aperta in presenza», ha detto Draghi citando studi e dati, italiani e di altri paesi occidentali.
Nel 2020 in media in Italia gli studenti hanno perso 65 giorni di scuola in presenza, contro i 27 giorni persi in altri paesi occidentali. Bambini e ragazzi italiani quindi hanno perso in media un terzo dell’anno scolastico (circa 200 giorni): il triplo rispetto alla media degli altri paesi citati. «Ma è solo una media – ha precisato il Premier – per alcune scuole secondarie di secondo grado i giorni in presenza sono stati solo 42», come se fossero stati a scuola un solo giorno a settimana.
«Non deve succedere di nuovo», ha detto Draghi ribadendo che la Dad rimane una soluzione cui ricorrere in maniera puntuale, solo nei casi estremi di necessità previsti.
«Probabilmente ci sarà un aumento delle classi che andranno in Dad nelle prossime settimane – ha ammesso il Capo del Governo – e andranno. Ma bisogna respingere un ricorso generalizzato alla Didattica a distanza».
Priorità che la scuola sia aperta in presenza e non potrebbe essere diversamente: come si fa a chiedere ai ragazzi di stare a casa da scuola se poi possono fare sport tutto il pomeriggio e andare in pizzeria la sera? «Non ha senso chiudere la scuola prima di aver chiuso tutto il resto – afferma Draghi – Chiudere tutto il resto significherebbe tornare alla situazione di un anno fa, ma non ce n’è motivo perché, grazie alla vaccinazione, non siamo nella situazione dello scorso anno».
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