Black Hat Seo: che cos’è e come funziona (da evitare!)
Una semplice guida per riconoscere le pratiche SEO denominate "black hat", generalmente considerate scorrette ma utilizzate in molte occasioni

Siete mai rimasti affascinati dal lato oscuro? Indipendentemente dalla tipologia, dalle necessità o anche dal momento storico, ogni attività ha sempre inspiegabilmente anche il suo lato oscuro.
Non riusciamo davvero a farne a meno vero? Ce l’ha perché spesso si pensa che possa convenire, ce l’ha perché è più facile e ce l’ha perché siamo umani… e in fondo a tutti piace un po’ subire il fascino misterioso delle tenebre!
Anche il mestiere del Seo ha parecchi adepti del ”male” sapete?
Vengono comunemente chiamati Black Hat Seo.
Definizione spiccia di cosa è un Black Hat SEO
Un Black Hat Seo è un BRAVO esperto in posizionamento nei motori di ricerca (e a volte non solo) che sfrutta però delle tecniche e degli accorgimenti che per gli stessi motori, per gli utenti che le subiscono e per gli esperti del settore sono eticamente scorretti.
I motivi per fare del Black Hat SEO
Escludendo quelli che a voler dire per bene “non hanno niente da fare” e quelli che provano gusto nel far prendere un “coccolone” (romanamente parlando) ai proprietari dei poveri siti presi di mira, la motivazione principale è la stessa che viene perseguita da chi invece, il cappello ce l’ha bianco… scalare posizioni nelle Serp e trarne quindi i rispettivi benefici in termini di accessi, riconoscibilità, rientri in denaro (per chi vende prodotti o servizi), etc etc.
L’unica differenza è che le modalità per farlo sono invece diametralmente opposte.
Come si diventa Black Hat SEO?
Le conoscenze del BHS, sono le medesime (se non a volte superiori) di quelle degli esperti dal cappello bianco, quelli veri a cui dobbiamo volere bene. Non voglio elogiare l’oscura categoria sia chiaro, ma un black hat, innanzitutto deve essere un bravo esperto Seo e poi si deve (suona male lo so) “specializzare” nell’uso delle tecniche deprecate.
Questo perché se prima non sai posizionarti decentemente nelle Serp infatti, è inutile spendere tempo e denaro per far fuori il tuo avversario a colpi di tecniche black. Quanto tempo e quanto denaro ti costa?
NB doveroso: Un bravo Seo, studia anch’egli se vuole le tecniche Black, ma lo fa solo per starci lontano e per evitare di incapparci involontariamente!
Come ha scritto di recente Lorenz Crood sul suo blog, uno dei noti divulgatori nel panorama della SEO in Italia che di tanto in tanto parla anche di tecniche black hat (e che probabilmente conosci se lavori nel settore), probabilmente un vero SEO esperto non può autodefinirsi tale se non conosce o ha testato la SEO black hat su suoi progetti personali. Ma per i clienti e per i progetti a lungo termine è semplicemente assurdo applicare tecniche black hat a breve termine.
Un bravo SEO secondo me non può definirsi tale se non ha sperimentato entrambi i metodi e non ha suoi progetti personali in cui fare test di questo tipo.
Ma come giustamente dice sul suo blog, teoricamente Google considera contro le sue linee guida anche i guest post e ogni tipo di metodo per fare link building… Quindi siamo tutti un po’ grey hat SEO!
Dicevamo: Black Hat SEO di base
Ponendo di essere in “lotta” per le prime posizioni delle Serp, e ponendo di voler dare una “spintarella” al nostro sito per un sorpasso all’ultimo minuto, le tecniche da poter adottare sono purtroppo numerose.
Questo è il momento in cui si scrive “quello che troverete scritto qui è solo a scopo informativo e non mi prendo nessuna responsabilità per l’uso che ne andrà fatto.”
Il punto è che uno cerca di dare informazioni e siccome i black hat seo sono una realtà bella concreta, allora vediamo almeno come fanno a diventare così antipatici!
Quello che ho appena chiamato “di base”, è perché prima che venissero presi seri provvedimenti dai motori di ricerca e venissero inasprite le pene per tutti i trasgressori, queste quattro cosette erano praticamente le tecniche che venivano usate di consueto per scalare le Serp. Erano rapide, indolori e soprattutto invisibili all’occhio di un utente inesperto e funzionavano anche discretamente.
1) Utilizzo di link e testi nascosti nelle pagine
Classicamente, si inzeppava la pagina (spesso direttamente la home) di testo nascosto con lo stesso colore dello sfondo e alla stessa maniera si giocava con i link mimetizzando anche gli effetti come ad esempio l’onmouseover. Agli occhi di un navigatore comune, la pagina non aveva nessun difetto estetico che potesse suscitare dubbi, ma allo stesso tempo il contenuto era ben visibile allo spider del motore che lo indicizzava con risultati ben più ottimali. Ancora oggi si usa ma a mio avviso con nessun beneficio e con il rischio altissimo di penalizzazione. Il “bravo” black hat però sa come rivoltarla contro il malcapitato con tecniche un pochino più avanzate.
2) Cloaking
Per questa si chiede aiuto ad una paginetta dinamica con uno scriptino che fa un incrocio tra user-agent e IP dello spider del motore mostrando dei contenuti differenti in caso sia un utente standard a visualizzarli oppure l’utile ragnetto amico. In questo modo allo spider verrà dato sempre un contenuto ottimizzato ed ottimale indipendentemente dall’aspetto grafico, mentre il povero utente malcapitato, magari cercando una qualunque cosa come un albergo o un meccanico, rischia di finire su un bel sitarello porno (tanto poi una guardata la si da su!) o di altra natura… magari di quelli che contengono malware o zozzerie varie.
3) Doorway
Lo scopo finale è il medesimo del precedente ma la tecnica è meno “raffinata” e basta anche una paginetta statica per attuarla. E poi è anche molto più riconoscibile.
Per questa basta un file in JavaScript che ridefinisca un bellissimo location.href verso la nuova destinazione e via. Visivamente si ha proprio la sensazione di un veloce refresh della pagina e se si guarda attentamente la barra dell’url si nota anche il cambio di indirizzo.
Inizialmente l’uso era quello di sfruttarle su siti che non permettessero troppo l’ottimizzazione del codice data la grafica iniziale o magari per identificare un eventuale utente mobile e ridirigerlo su un sito apposito. Ovvio che poi la scorrettezza l’ha fatta da padrone e quindi ora è una tecnica bella e deprecata.
4) Sovraffollamento di Keywords o Key-Stuffing
E via con le “millemila” keyword nel testo! Parliamo di testi sovraottimizzati e farciti al limite di parole chiave, aumentandone così la frequenza e sperando di dare una pertinenza maggiore al documento. Tutt’ora, molti CMS hanno dei plug-in in grado di fare un conto della frequenza delle keyword interessate nel testo e di suggerirne il numero ottimale. A mio avviso sono strumenti che devono essere presi con le pinze e il cui giudizio va comunque prima ben pesato.
È normale tentare di inserire keywords nel testo più di qualche volta, ma mai spingersi troppo in avanti e mai rischiare di rendere il contenuto poco leggibile per l’utente. Questo è il danno più grosso che ci possiamo fare.
Black Hat SEO più cattivello
Vi state aspettando una lista di cose fighe e impedibili con cui schizzare ai primi posti delle Serp?
No invece, sono solo due o tre cosette che quelli bravi già conoscono bene e che quelli che non ne sanno farebbero bene ad evitare.
1) Link Building Negativa
Come si fa una link building di base? Bravi, ora applichiamola su un sito che vogliamo affossare e scegliamo domini di provenienza OVVIAMENTE spammosi e mal visti dai motori. Se poi non riusciamo proprio a trattenerci, perché non spendiamo due lire (belli i tempi della lira cavolo) per comprare un po’ di link da sti domini? Ecco…, questa è proprio una zozzata in senso letterale. A lungo termine e a pagamento magari, ma una zozzata bella e buona. Alcuni circuiti di scambio link (meravigliosamente pessimi) al massimo ti chiedono la sola url del sito per la registrazione. Pensa quanto ci vuole.
2) Desert Scraping
Tutta colpa di Internet Archive. Che roba è? È una enorme biblioteca digitale di tutti i contenuti internet, anche di quelli di domini scaduti e/o non più indicizzati.
E quindi? Direte voi .Pensateci un po’!
Basterebbe cercare un archivio di domini scaduti (anche qui grazie “Gugle”), fare un salto nell’internet Archive e cercare il nome di quel dominio per recuperare quanto più materiale possibile. È poi pieno di servizi che offrono la possibilità di scandagliare la rete alla ricerca di varie copie di quel contenuto. Se il bravo Black Hat ha fortuna, in poco tempo è in grado di disporre di un bel po’ di materiale originale da poter pubblicare e se è scaltro magari riesce pure a ricomprarsi un dominio. Poi vabbè, io non mi dilungo più di tanto.
3) DDos
Vuol dire Distributed Denial of Service. In pratica, viene inviato una sorta di attacco da più host verso un unico pc, in modo tale da consumare tutta la banda e mettere off-line il servizio in questione. La grande quantità di pacchetti di richiesta che viene inviata, satura in breve tempo le risorse del ricevente che diventa instabile non riuscendo più a garantire il servizio. In molti casi, a portare gli attacchi sono addirittura dei pc che vengono detti zombie, ossia macchine di utenti anche inconsapevoli in cui viene installato un malware che comincia ad inviare richieste verso un bersaglio scelto dal suo creatore. Più insiemi di queste macchine spammose vengono dette botnet.
In questo caso particolare, il nostro Black Hat Seo deve non solo saper fare bene il suo mestiere ma deve pure destreggiarsi in altri ambiti informatici.
4) PHP/SQL Injection
Questo è il peggiore.
Vi ricordate che prima ho detto che un “bravo” black hat Seo è in grado di rivoltare sul malcapitato tecniche basilari anche come le pagine piene di link spammosi? Questo è un esempio. Sapendo sfruttare delle vulnerabilità di alcuni sistemi e sapendo come ricostruire delle query ad-hoc è possibile accedere a dei database e quindi anche ai contenuti di un sito aggiungendoli o modificandoli per renderli malevoli agli occhi del motore.
Anche qui, il nostro adepto oscuro deve saper fare ben altro che solo il Seo Specialist, ma siccome “in amore e in guerra tutto è permesso” non c’è mai da stare troppo allegri e bisogna sapersi difendere.
Black Hat SEO da professionisti
NO. Qui non se ne parla, non esiste. Non sto qui a spiegare come fare del male agli altri ma solo a riprendere argomenti probabilmente già trattati anche in maniera più “esaustiva” cercando di dare un piccolo contributo con delle considerazioni personali. Questo non è il posto per certe cose.
Quindi, in tutto questo: la Black Hat SEO è meglio?
Il black hat SEO è una figura complessa e l’argomento è veramente spinoso e non privo di rischi. Potrebbe a prescindere dare l’idea di qualcosa di forte e che possa dare dei riscontri immediati ma non è così. Nel tempo le contromisure dei motori di ricerca si sono fatte più veloci ed efficaci e i siti che usufruiscono di tecniche Black vengono penalizzati e addirittura rimossi dagli indici dei motori.
Ma soprattutto:
1) Potrei farne volendo anche un problema etico perché parliamoci chiaro: danneggiare un sito di un competitor o anche di un qualunque “pinco-pallo” è un atto di per sé terribile perché si rischia di danneggiare in modo grave una attività di cui non conosciamo praticamente nulla e solo per arrivare prima in una lista di nomi.
2) Si può incorrere anche in procedimenti penali se si viene smascherati nell’intento di danneggiare la proprietà di qualcun altro.
3) I risultati non sono garantiti nel tempo perché i motori si aggiornano di continuo e non ti avvertono quando lo fanno. Se ti beccano è andata.
4) Avete idea della fatica che bisogna fare per danneggiare o diffamare una risorsa di qualità consolidata? Insomma, se non lo fai con quelli bravi è come sparare sulla croce rossa e se pure ci provi i motori di ricerca di certo non dormono.
5) Il succo vero del discorso, è comunque perché non dedicare tempo e risorse per sradicare il tuo “concorrente” facendo del Seo Costruttivo? Se sei capace di impegnarti in una cosa come la Negative Seo, hai le risorse anche per andare avanti senza usarlo!
Coltiva il tuo giradino nel mondo di internet senza falsi concimi e tecniche strane… i risultati saranno migliori.
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