L’esilio dei Rolling Stones

Scappavano da un fisco piuttosto vorace

50 anni fa la musica

C’è chi ha scritto che con questo disco gli Stones hanno chiuso, sbattendola, la porta degli anni ’60: di certo è quello che chiude la loro Golden Era iniziata con Beggars, e secondo molti il loro disco migliore in assoluto. Questa la genesi: oppressi dal fisco i nostri scelgono un doratissimo esilio in Costa Azzurra e lì trasferiscono la numerosa tribù. Il centro di tutto è la villa di Keith – non tutti vivono lì – nella cui cantina verrà inciso il disco; le sessions si svolgono solo di notte e non sempre tutti gli Stones sono presenti, visto che pure lo stesso padrone di casa, vera anima di Exile, è spesso assente perché purtroppo oramai é completamente in preda all’eroina. Confusione quindi, che si traduce in un doppio album che rappresenta al meglio l’anima del rock pur non andando in nessun modo a solleticare i fans: la voce di Mick, vera superstar, è spesso sovrastata dagli strumenti e non ci sono gran pezzi da singolo come nei dischi precedenti. Disco non per neofiti, quindi, che necessita di tempo per essere assimilato. E fu così anche per la critica, che non lo accolse particolarmente bene, e solo nel tempo ne scoprì la grandezza. Vedremo come poi cambiarono le cose, ma intanto godetevi questo capolavoro.

Curiosità: come già detto l’esilio degli Stones era di carattere fiscale, per sfuggire all’ingordo tax system inglese. Ma a quanto ammontavano le aliquote che il Primo Ministro Harold Wilson – citato per lo stesso motivo da George Harrison in Taxman – aveva stabilito per i contribuenti più facoltosi? Era un meccanismo a fasce con aliquote diverse anche per lo stesso patrimonio, ma la fascia più alta arrivava ad un incredibile 98%!!!

La rubrica 50 anni fa la musica 

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Pubblicato il 21 Aprile 2022
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