Il medico di Saronno accusato di stupro: “Non ho usato violenza, era confusa”
L’uomo, 52 anni accusato di violenza sessuale aggravata dall’uso di narcotici interrogato oggi dal gip di Busto Arsizio. Il difensore: “Aspetti ancora da chiarire, nessuna ammissione”
Ha ammesso il contenuto dell’ordinanza che lo ha portato diretto in carcere con l’accusa di violenza sessuale aggravata, specificando però che avrebbe visto la donna in effetti un po’ rallentata, obnubilata, ma di non avere usato violenza. Una posizione che, al netto della presunzione di innocenza, non basta per le legge ad escludere responsabilità per un reato grave e che influisce in maniera pesante sulla vittima, ad oggi, come conferma il difensore della donna, «assai provata».
L’interrogatorio di garanzia cui il medico anestesista saronnese Andrea Carlo Pizzi, 52 anni, non si è sottratto è avvenuto già nella mattinata di giovedì. Un colloquio piuttosto lungo col gip del tribunale di Busto Arsizio Tiziana Landoni alla presenza del difensore Maurilio Vanzulli il quale non è altrettanto perentorio sul contenuto: «Nessuna ammissione, l’interrogatorio va letto nella sua completezza, a 360 gradi per un episodio ancora da chiarire e che si innesta in un contesto di relazione sentimentale».
L’uomo è accusato di essersi approfittato della ex amante una sera a inizio luglio dopo un’uscita e una discussione a seguito della quale la donna in auto con lui, 40 anni, aveva lamentato il ritorno di un dolore alla spalla dovuto ad una caduta da cavallo. Il medico alla fine di quella serata si sarebbe offerto di farle una puntura nella sua abitazione, a patto che alla donna non venisse inoculato trampolo, un forte analgesico verso il quale aveva manifestato intolleranza.
Ma dopo l’iniezione e il successivo intorpidimento, al risveglio la donna si era trovata nuda, con nudo di fianco a sé anche il medico. Al risveglio il giorno successivo la telefonata chiarificatrice (ma registrata) nella quale l’uomo aveva ammesso che sì «forse sei allergica al trampolo, un farmaco che può provocare questi effetti». Ma alla richiesta della signora di un chiarimento sul comportamento tenuto e sulla volontà di andare a fondo della vicenda, il medico si sarebbe irrigidito. Ma oramai l’intenzione della quarantenne era quella di denunciare e così è stato fatto ai carabinieri della stazione di Turate, compagnia di Cantù, con tanto di telefonata allegata. Poi le indagini, il contenuto del cellulare, la cronologia delle ricerche che approfondivano i segni premonitori di un serial killer e le conseguenze penali per uccidere un cane (l’ex amante ne possedeva uno).
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