Il panificio Caimi di Gallarate, che è nato insieme al quartiere di Cascinetta
Artigiano storico di Lombardia, il prestinaio ha attraversato otto decenni di storia, dentro al rione: dalle prime infornate di nonno Ambrogio alla vespa di Rossano, dalla scritta di Bartali alla nevicata dell'85, fino alla sfida di oggi, con supermercati e crisi energetica

Ci sono da sempre, a sfornare pane fragrante e (oggi pizze e croissant). Il Panificio Caimi, a Cascinetta di Gallarate, esiste da quando è nato il quartiere, anno 1939: «L’ha aperto mio nonno Ambrogio» racconta Rossano Caimi, oggi “patriarca” della famiglia di panettieri. Sono alla quarta generazione e hanno visto passare tutta la storia di questo quartiere, un tempo di profonde radici operaie: «Quando uscivano dalla fabbrica erano 4-5mila alla volta, tra Majno e Carminati».
Il quartiere nacque proprio a servizio delle fabbriche, tanto che il nome ufficiale era “quartiere Sant’Alessandro”, dal nome dell’industriale Majno, anche se poi nel tempo s’è imposto il più popolare la Cascinetta. Negli anni Trenta Gallarate finiva appena oltre il ponte della ferrovia, quei ponti che – anche nel linguaggio popolare – erano considerati un po’ come le porte della città. Oltre il ponte della ferrovia c’erano poche case, allineate su via Pegoraro (che allora si chiama Brumana) e via Varese: la chiesa sorse nel 1933, il grosso delle case operaie nella seconda metà del decennio.
«Mio nonno era di Locate Varesino: a militare faceva il panettiere a Bormio, dove ha conosciuto mia nonna, che veniva dai Grigioni. Quando è tornato dalla leva ha comprato il terreno qui a Gallarate e ha preso in affitto il forno di fronte, della famiglia Banfi. E poi quando ha completato la casa ha aperto qui, 1939».
L’edificio è ancora quello che c’è oggi, con lo spazio di vendita, il forno vero e proprio, la cucina di casa, «che era cucina e ufficio insieme», ci racconta Rossano, al tavolo tra fatture, bollette e lettere dell’associazione Panificatori. «Nei primi anni di apertura due figli erano in guerra, il forno era tenuto aperto da mio nonno, dal terzo figlio e dalle figlie».

Negli anni hanno servito il quartiere e vissuto tutta la storia del luogo. Ad esempio le alluvioni causate dal piccolo, rabbioso torrente Sorgiorile, che proprio davanti al prestinaio s’infila sotto la strada. «Un tempo il passaggio era strettissimo. Avevamo i sacchi di sabbia sempre pronti». Snocciola le date degli straripamenti: quella famosa del 1951, quella del 1953, fino a quella del 1985. L’anno anche della mitologica nevicata dell’ottantacinque: «L’unico giorno in tanti anni in cui non abbiamo consegnato è stato un venerdì: giovedì abbiamo fatto consegna doppia, il giorno dopo abbiamo saltato».
Parlando dell’alluvione del 1951 citiamo a Rossano la foto della grande scritta su un muro di mattoni, dedicata al grande campione di ciclismo Gino Bartali. «Quella scritta lha fatta mio papà Pietro , che era bartalista: l’aveva scritto con la scopa, un giorno che passò il Giro d’Italia. Mio papà era interista, fondamentale per essere assunti qui» sorride Rossano.

Lui è entrato giovanissimo in negozio. «Ho fatta la quinta ginnasio, poi sono entrato anche io in panetteria. Con la Vespa consegnavo a 400 clienti al giorno: in Vespa volavo, altro che Valentino Rossi». Molti clienti erano nelle case operaie intorno: «Quando la Carminati ha chiuso d’improvviso ci sono rimasti i libretti, pieni di crediti che non abbiamo incassato».

Nel 1983 anche Pietro – seconda generazione – è andato in pensione e il timone dell’esercizio è passato a Rossano.
«Andavamo in ferie a luglio, ad agosto eravamo tra i pochi aperti, c’è anche un articolo della Prealpina con il titolo “Assalto ai forni” d’estate» racconta, in questo ultimo giorno d’agosto 2022.
Ora sono alla quarta generazione, l’attività è in mano a Roberto e Barbara. Lunghi anni di servizio: «Oggi si deve lavorare sulla qualità, per reggere ai supermercati. Più che sul pane si deve puntare su pizza, brioche, dolci».
Anche qui, ovviamente, s’aggira lo spettro della crisi energetica, con le bollette impazzite. Devono ancora prendere le misure, «ieri un nostro collega ci ha parlato di una bolletta passata da 1600 a 7400 euro al mese».
Non paga le bollette più salate, ma quest’anno è arrivato anche un bel riconoscimento, quello di artigiano storico di regione Lombardia. Coronamento di 83 anni di storia fin qui, insieme al “loro” quartiere.
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