Il “rave party” a Cedrate di Gallarate, nell’Ottocento
Nel nuovo volume dedicato al fiume Arno e al suo rapporto con la città viene riscoperto anche un curioso aneddoto di un secolo e mezzo fa: quando una festa degenerò negli anni in "gozzoviglie", balli sfrenati e stand abusivi. E il parroco decise di sgomberare tutti, a suo modo
Con la primavera torna la festa abusiva intorno alla chiesetta di San Marco: i protagonisti del rave party sgomberati allagando la zona.
Potrebbe essere il titolo di una notizia dei giorni d’oggi, di quelle che fan scuotere la testa a chi dice che un tempo si era tutti rispettosi dell’autorità e della legalità. Peccato che la festa abusiva risalga più o meno alla metà dell’Ottocento, a Gallarate.
Con balli sfrenati, stand gastronomici abusivi e “forestieri” che invadevano la zona.
La festa abusiva ha come scenario la chiesetta di San Marco, più nota come “il Lazzaretto”, nella via omonima nel rione di Cedrate, oggi quartiere dentro Gallarate, ai tempi dei fatti un piccolo paesino di campagna.
L’episodio è avvenuto intorno alla metà dell’Ottocento ma è stato messo nero su bianco più o meno un secolo dopo da don Giacomo Castiglioni, parroco di Cedrate nel Novecento.
In origine nel giorno della festa del santo titolare – al 25 aprile – la chiesetta ospitava una festa religiosa che era particolarmente piacevole, con l’arrivo della primavera dopo i rigori dell’inverno, con le luminarie che decoravano la chiesetta. C’erano anche “bancarelle di dolciumi” e piccoli giocattoli per i bambini, un po’ come ancora succede in occasione di feste religiose che insieme sono anche popolari (come alla “Rama di Pomm” in un altro quartiere di Gallarate, la Madonna in Campagna).
Forestieri, balli e gozzoviglie
Sarà stata l’aria di primavera, ma la festa doveva costituire momento di particolare svago e nel tempo era un po’ sfuggita di mano. E così accanto alla messa e alle luminarie per San Marco erano comparsi, “prima in sordina e poi con un crescendo sempre maggiore”, anche “gozzoviglie e balli all’aperto”, un po’ spontanei, ma anche sfruttati come occasioni di guadagno da “osteria e chioschi più o meno improvvisati”. E il parroco don Castiglioni (che come detto scrive un secolo dopo circa) racconta “che la festa non solo perdette il suo carattere religioso, ma si convertì in un vero disordine”.
I parroci tentarono per qualche anno di “correggere con la persuasione, poi minacciarono”, infine abolirono del tutto la festa alla chiesetta del Lazzaretto. A quel punto però la festa di primavera – un po’ scomposta e non autorizzata – era però entrata nell’uso e di anno in anno le persone – indicati come immancabili “forestieri” – si trovavano lo stesso e si ripetevano i “soliti disordini”. Con rinnovato scandalo nei parrocchiani locali, che erano semplici contadini di un piccolo paesino agricolo, neppure di un borgo abituato a mercati e fiere com’era Gallarate (erano i tempi in cui mezzo chilometro di campagna poteva separare abitati con mentalità molto diverse).
La zona del Lazzaretto in tutt’altra situazione, nel 2017: un laboratorio di studenti del PolitecnicoIl “rave party” disperso con l’acqua
Se ai giorni d’oggi il rave party comporta l’intervento – più o meno rapido e preventivo – dei carabinieri, ai tempi non fu necessario l’intervento della polizia, dei “birri” austriaci che ricorda il Manzoni o della Guardia Nazionale istituita dall’Italia unita dopo il 1861 (anche a Gallarate).
Il parroco di allora, di cui non si tramanda il nome, escogitò infatti una contromisura indubbiamente efficace: si mise d’accordo con il contadino che regolava l’irrigazione dei prati della zona, derivata dal torrente Arno, e alla vigilia della festa fece allagare i campi aprendo la chiusa sul torrente.
Risultato: i protagonisti della festa abusiva (che un po’ esagerando abbiamo chiamato rave party) si trovarono di fronte una campagna impraticabile e si convinsero era inutile insistere ancora. E così finì quello che il parroco di un secolo dopo continuava a definire “un abuso tanto sconveniente”.
Un’immagine della piena dell’Arno nel 2013, dietro alla chiesa del Lazzaretto. Alla metà dell’Ottocento il torrente aveva un corso più tortuoso e ramificato con argini più bassi: proprio all’altezza del piccolo edificio religioso si riunivano due rami del corso d’acquaA Cedrate rimase invece – ben legata alla tradizione religiosa e vigilata dall’autorità del parroco – la festa del Ferragosto, celebrata ancora fino agli anni appena prima della Seconda Guerra Mondiale, con “comitive allegre e intere famiglie” che “munite di un’abbondante e succulenta merenda” andavano a fare gita in campagna nella zona tra l’Arno e la collina, più o meno lungo la via Dembowschi. Che oggi è di tanto in tanto al centro delle polemiche per il troppo traffico, ma allora era aperta campagna, ombreggiata dai “bei pini” che in qualche zona ancora esistono.
Il libro su Gallarate e il torrente Arno
L’episodio del “rave party” ante litteram, come detto, era già stato nero su bianco anni fa nella “Storia di Cedrate” scritta da don Castiglioni. È stato “riscoperto” anche nel nuovo volume dedicato all’Arno, pubblicato dalla Società Gallaratese degli Studi Patri, dove è raccontato con un certo rigore storico, a completamento del capitolo – curato da Matteo Scaltritti – che racconta le diverse alluvioni dell’Arno a Gallarate, fino a quella del 1951 e a quelle degli anni Novanta. Ma il volume racconta anche di fossati di difesa, pescatori di gamberi, mugnai, macellai, progetti di sistemazione del fiume.
La presentazione completa del libro la trovate qui.
Gamberi e ingegneri, mulini e ciminiere: un libro racconta l’Arno “motore” della città di Gallarate
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