Pioggia, e bosco umido: ecco i pericoli per chi cerca i funghi nelle montagne della Valdossola

Già diverse le vittime fra i varesini: ecco gli atteggiamenti da evitare raccontati da chi è in prima linea nei soccorsi. “I cercatori di funghi prendano esempio dalla preparazione dei cacciatori” 

soccorso alpino elicottero ricerche

Scarsa preparazione fisica, orari sbagliati, mancanza di conoscenza del territorio e attrezzature tecniche del tutto insufficienti. «Ci sono ancora persone che vanno a cercare funghi con gli stivali in gomma che fanno scivolare e non tengono ferma la caviglia. Basta pensare che noi del soccorso alpino, nello zaino, per i servizi di soccorso tecnico in montagna, teniamo i ramponi che spesso indossiamo anche in questa stagione per riuscire a stare in piedi sui pendii scoscesi».

Matteo Gasparini è il delegato del Cnsas Valdossola, il soccorso alpino e speleologico in questo momento nel pieno delle attività di soccorso: otto interventi di ricerca in dieci giorni per cercatori di funghi dispersi, di cui due con esito mortale, entrambi provenienti dalla provincia di Varese. Impossibile, poi, non pensare anche alle ultime due vittime giovanissime, morte in montagna anche se in un contesto completamente diverso.

Ascoltando i racconti dei soccorritori, fatti di casi pratici ed esperienze vissute durante le uscite in montagna emerge un quadro preoccupante legato all’atteggiamento di molti dei dispersi che spesso non seguono le più basilari misure legate alla prevenzione dei rischi e alle più basilari regole di buon senso. Nel caso dei cercatori di funghi, però, sembra esserci un’aggravante.

«Non dirò apposta quali sono le valli più battute dai fungiatt in questo momento», spiega Gasparini, «ma molto spesso le uscite alla ricerca di funghi avvengono con le condizioni meteo non sempre ottimali. Anzi. Un’uscita con cielo incerto e addirittura sotto una pioggia leggera viene ritenuta da molti il momento ottimale per trovare gli esemplari migliori perché le condizioni meteo rendono i boschi meno affollati e quindi c’è più probabilità di trovare i funghi. Capita, in giornate particolarmente nuvolose, dal cielo incerto e addirittura con pioggia di trovare i parcheggi dei cercatori con 20 o 30 macchine. Se a questa situazione si sommano piccoli accorgimenti che vengono ignorati, come calzature inadatte allora si entra nel campo delle probabilità che qualcosa possa andare storto».

Poi la questione dei tempi delle escursioni, della scelta di quando uscire, e con chi. «È capitato di soccorrere persone che non solo andavano per funghi da sole, ed entrate nel bosco nel tardo pomeriggio, con poche ore di sole e l’impaccio di non riuscire a risalire il versante per ritrovare la strada all’imbrunire. C’è chi ha il cellulare e chiama, non si muove, e viene aiutato. Ma esistono diverse variabili legate all’assenza del telefono, alla certezza di potercela fare, cercando vie alternative che possono mettere in pericolo la vita». Conta il fisico, la preparazione.

«Spesso il meccanismo che spinge a prendere la decisione di un’uscita nei boschi parte dai social: si vedono i ritrovamenti sulle pagine Facebook, si viene a conoscenza dei luoghi dove in quel momento amici o parenti stanno trovando i funghi e si parte, magari ad ore improbabili e senza conoscenza del territorio. Muoversi in montagna, non è come passeggiare in un prato: occorre preparazione fisica, allenamento e capacità di movimentazione in terreni impervi. Bisogna, cioè, essere preparati. Solo a titolo di esempio, secondo la mia esperienza, ho notato che fra i cacciatori, incidenti di questo genere sono molto meno frequenti: forse pianificano meglio le uscite e si informano sulle tipologie di terreno da affrontare, ma ho notato che anche l’abbigliamento è molto diverso: scarponi con dotazioni “aftermarket“, strumenti per l’orientamento e altri espedienti che rendono più sicura l’uscita. I cercatori di funghi dovrebbero prendere esempio da questa categoria di frequentatori della montagna».

Matteo Gasparini vanta una grande preparazione in termini di soccorso in montagna: ha partecipato anche alle ricerche seguite al distacco di parte del ghiacciaio della Marmolada ed è memoria storica dei servizi di soccorso nella sua zona. «Ricordo annate in cui abbiamo avuto fino a 17 morti in montagna fra i cercatori di funghi». Persone uscite al mattino con l’idea della scampagnata e che non sono più tornate a casa.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 05 Settembre 2022
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