Botte e insulti alla moglie: “Sei una ritardata”, condannato a 7 mesi a Varese per lesioni
La parte offesa soffre dalla nascita di crisi epilettiche e ha denunciato il marito. La pena è stata sospesa e condizionata alla partecipazione dell’imputato ad un corso di recupero
Una famiglia molto facoltosa di Varese, un matrimonio con problemi e litigi fra persone con grandi fragilità dovute a patologie (la moglie dalla nascita, il marito semi infermo negli ultimi anni e che ha raggiunto il tribunale in carrozzina). L’uomo finisce a processo per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali ai danni della moglie con cui è in fase di separazione, e si tratta della riunione di più procedimenti che inizialmente vedevano anche altri due imputati per i quali è sopraggiunta la richiesta di archiviazione (si tratta della madre e del figlio della parte offesa).
Ma di quali maltrattamenti si tratta? Secondo l’accusa episodi fisici, con la rottura del setto nasale della moglie nel 2014 e altre lesioni. Ma forse la contestazione che più fa male, per la parte offesa, avrebbe riguardato la sua condizione al di sofferenza per problemi legati all’epilessia dalla nascita e per i quali la donna sostiene di essere stata dileggiata, denigrata e discriminata per le parole pronunciate dal consorte. I due si sono sposati nel 1998 ma l’unione è scemata, secondo la ricostruzione della pm in aula, per i comportamenti dell’imputato.
«La persona offesa è affetta da una disabilità di cui soffriva prima del matrimonio, e dirimere le controversie fra coniugi in questo modo oltre che ad essere oggetto di biasimo riguarda anche precise responsabilità penali: dopo le lesioni dell’agosto 2021 la parte offesa ha dovuto trovare riparo in una casa protetta». L’imputato non ha reso interrogatorio in dibattimento ma sono stati acquisiti solo i verbali resi in corso di indagine. La pm Anna Valeria Zini per i fatti contestati ha chiesto una condanna a 2 anni e 2 mesi tenuto conto delle attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante contestata.
La parte civile (avvocato Maurizio Domanico) ha ricostruito i fatti: «il 10 agosto 2021 la signora si è presentata in pronto soccorso a Varese con volto tumefatto e ha racontato di aver subito violenza dal marito di ritorno dalle vacanze in Costa Azzurra con suocera e figlio. Un’aggressione per oggetti trovati spostati nell’abitazione di Varese. Una violenza pericolosa (7 punti di sutura) per la patologia di cui soffre la mia assistita, alla presenza del figlio che non ha mosso un dito per difendere la madre». La donna, ha continuato il difensore, «è rimasta in una struttura protetta per sei mesi».
Il racconto della parte civile si è spinto in profondità in aula per addentrarsi sul clima della famiglia, fra liti, certificati medici e testamenti e alla fine ha presentato richiesta di risarcimento del danno. Il difensore Luca Carignola ha chiesto l’assoluzione: «È la storia di una donna con problemi, anche psichiatrici, peggiorati dopo la nascita del figlio. Questo ha peggiorato il deterioramento del rapporto col marito, e a questa situazione decide di avvicinarsi ad una confessione religiosa, dopo la quale ha scelto di abbandonare la casa coniugale e denunciare. Si tratta di una vicenda che andava ricomposta in altra sede, e non in un’aula di giustizia. I fatti contestati sono insussistenti. C’è un enorme problema di credibilità della persona offesa e gli episodi sono smentiti da molti testimoni». E le lesioni? «Sono frutto di cadute – ha affermato il difensore nell’arringa – anche se la signora nega di essere mai caduta. Peccato che i documenti dell’ospedale dicano altro, parlino di cadute dal letto».
Il Collegio si è pronunciato per la colpevolezza dell’imputato per le sole lesioni e ha assolto per i maltrattamenti. La pena è di 7 mesi con sospensione condizionale condizionata ad un percorso di recupero che l’imputato dovrà seguire, oltre alla condanna al pagamento di 1000 euro alla parte civile oltre a 3500 euro di spese legali.
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