Il grande abbraccio degli amici ai funerali di Jacopo Pavesi
Ha celebrato la fraterna amicizia che ha sempre saputo coltivare nella vita e la straordinaria bellezza che lascerà in eredità il funerale di Jacopo Pavesi, il noto architetto e designer varesino che si è spento pochi giorni fa, all'età di 63 anni
Ha celebrato la fraterna amicizia che ha sempre saputo coltivare nella vita e la straordinaria bellezza che lascerà in eredità il funerale di Jacopo Pavesi, il noto architetto e designer varesino che si è spento pochi giorni fa, all’età di 63 anni.
Nella chiesa di sant’Antonio Abate alla Brunella, raccolti intorno alla moglie Roberta Pietrobelli c’erano infatti colleghi, artisti, amici di lunghissima data che non potevano perdersi quest’ultimo importante saluto, l’ultimo nella vita terrena. Come ha sottolineato il celebrante infatti, don Carlo Manfredi: «Era un uomo nel pieno della sua maturità umana e del cammino professionale» e la mancanza fa ancora più male.
Ma Jacopo Pavesi aveva, e ha, dalla sua il fatto che una parte della sua vita non morirà mai: «Gli architetti non muoiono mai, perchè vivono nelle loro opere» ha ricordato Elena Brusa Pasquè, presidente dell’Ordine degli Architetti di Varese e cara amica, mostrando la lente che aveva al collo: una lente da lui prodotta sotto il marchio Myfriend, quello con cui lui e la sua amata moglie creavano originali oggetti di design per la casa, e che in molti hanno indossato al funerale come ricordo e segno distintivo.
«L’Espressione artistica non appartiene solo a questa terra, la bellezza non è solo nel cammino terreno» ha ricordato don Carlo, prendendo spunto dalla prima lettura, tratta dall’Apocalisse. E l’eredità di amore, passione, bellezza di Jacopo Pavesi da oggi in poi sarà ovunque, in tutti i suoi progetti e in tutti gli oggetti che ha realizzato.
«Ti ricordi Jacopo? – dice, rivolgendosi a lui, il suo fraterno amico di sempre Louis Roman, che per salutarlo è venuto dalla Francia, dove ora abita – Andavamo qui a messa, e nelle giornate d’estate da bambini e ragazzini abbiamo creato insieme mille cose: biglietti, collane, braccialetti. Poi siamo diventati grandi, e la vita ci ha separato, ma mai diviso veramente, tant’è che tu sei stato testimone al mio matrimonio e io lo sono stato del tuo, con la tua meravigliosa Roberta. Anni fa hai disegnato a mano, alla vecchia maniera, una piantina per il mio orto, bellissima, che conservo ancora ora e guardo tutti i giorni. Da anni però sei diventato un abbonato degli ospedali, ci sei andato, ti hanno operato un sacco di volte. Ma anche stavolta Roberta diceva: “Alla fine Jacopo se la cava sempre…” Questa però, era quella di troppo».
Il suo rapporto combattivo con la malattia è stato testimoniato anche da Antonio Spanevello, primario di Pneumatologia all’Istituto Maugeri di Tradate e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università dell’Insubria, che ha confessato: «Non avevo intenzione di dire nulla oggi, solo di esserci, ma mi son reso conto di avere qualcosa da dire, una necessità: che a volte i medici hanno da imparare molto dai pazienti – ha sottolineato Spanevello, raccontando uno degli ultimissimi incontri con Pavesi – Dopo avere lottato tantissimo, e in una situazione pesante, ha deciso di tornare a casa sua, negli ultimi giorni. Io gli ho detto che comunque era fortunato ad avere Roberta accanto a sè, sempre vicino a lui in ogni momento. Lui mi ha risposto una cosa che non posso non dire: mi ha detto “Io comunque Roberta l’amerò per tutta la sua vita”. Lì per li sembrava una frase fatta, ma il fatto che avesse aggiunto quel “sua” diceva moltissimo sulla sua consapevolezza della situazione, e su quello che voleva consegnarle in dono. Tieniti caro questo messaggio, Roberta, è un messaggio potentissimo, che ti accompagnerà a lungo»
Tra gli amici che lo sono andati a salutare per l’ultima volta tanti gli architetti – tra i quali due presidenti dell’Ordine: l’attuale Brusa Pasquè e la ex presidente Laura Gianetti – ma tanti anche gli artisti di ogni genere d’arte: da Marcello Morandini a Giovanni La Rosa, da Giorgio Vicentini a Dino Azzalin, da Alberto Lavit a Myriam Broggini.
«Hai lasciato tutti senza parole, tu che sei cresciuto nell’ arte e nel bello grazie e a tuo padre e tua madre – Ha ricordato Elena Brusa Pasquè – Noi due siamo passati dal vederci quotidianamente, per 27 anni sempre insieme, a questo. Per non parlare del tuo socio e sodale Giogiò Giani, 50 anni di amicizia. Roberta non riesce a parlare da qui, dal pulpito, lasciando i vostri bei ricordi giustamente privati, ma anche per me è difficile parlare. So solo che ti ricorderemo sempre con le parole della famosa ambientalista Keniota, Premio Nobel per la Pace, Wangari Maathai: “Mi hanno sepolto, ma quello che non sapevano, è che io sono un seme”».
La presidente dell’Ordine ha concluso con una promessa: «Ora noi abbiamo l’onore e l’impegno di ricordarti. Il nostro compito ora è di tramandare la tua esperienza professionale e umana ai posteri»
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