Le pistole e la “super villa blindata“ di Angera: il caso della mancata custodia delle armi
L'episodio, dal sapore grottesco, arrivato nelle aule di giustizia. Archiviato il provvedimento penale, ma non quello amministrativo. L’avvocato: “Impugneremo”

Una storia che fa roteare gli occhi al cielo al difensore Mauro Pagani, galantuomo prima che avvocato del foro di Varese che un po’ si infervora – per nulla il suo stile – nel raccontarla: «Una storia all’italiana», commenta con sarcasmo.
Ecco gli ingredienti del «caso». Villa sul Lago Maggiore in una località strategica per chi, come professione, fa l’ingegnere e che aveva dunque la necessità di stare vicino al Jrc, al secolo come “il Ccr“ cioè il centro comune di ricerche della Commissione europea di Ispra. L’ingegnere è straniero. Facoltoso. Ha le possibilità economiche, e si stabilisce in provincia di Varese, divenendo proprietario di una meravigliosa quanto oltremodo riservata dimora.
E qui sta il punto. L’ingegnere ha la passione per le armi: non arsenali, beninteso; qualche pistola per il tiro al volo, qualche italianissima Beretta che custodisce in casa. La villa però, è letteralmente blindata.
Quella dimora di Angera ha sistemi di sicurezza all’avanguardia, è sorvegliata, non permette intrusioni: tutto guardato da videocamere e sensori. Mai un furto. «Impossibile entrare», spiega l’avvocato. Che però ha dovuto prendere in mano le carte bollate per i ricorsi da quando un verbale delle forze dell’ordine mette nero su bianco che le armi non sono custodite correttamente.
«Cioè: la villa è inaccessibile, a prova di Arsenio Lupin. Ma le due pistole per il tiro al volo non erano custodite secondo i criteri stabiliti dalla legge», racconta l’avvocato nel ricordare a memoria la contestazione.
E quindi ecco un verbale dopo un accesso all’interno della casa da parte dei carabinieri proprio per a verifica della corretta tenuta delle armi, e la conseguente trasmissione degli atti alla Procura come comunicazione di notizia di reato. Risultato: doppio procedimento, penale, e amministrativo.
Il primo viene archiviato dall’autorità giudiziaria. E il secondo, quello amministrativo, con revoca del porto d’armi, e obbligo della distruzione delle stesse, no. «Archiviato il procedimento penale, prosegue l’iter amministrativo attivato dalla questura. Stiamo dunque eseguendo tutti gli atti necessari per opporci: il mio cliente rivuole il suo porto d’armi per uso sportivo», conclude l’avvocato.
(nella foto, uno scorcio sul Lago Maggiore fra Angera e Ranco)
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