Bruno Corti, il pensionato enigmista: la vita in provincia di Varese fra rebus e Leopardi
Le giornate scandite dalle combinazioni fra lettere, e racconti nascosti da interpretare. Comunità culturali celate nei più piccoli paesini e ritrovi fra amici dove si pratica la «enoenigmastica». Un mondo di parole e conoscenza applicato ai giochi d'intelletto
Ma come fa ad arrivare?
«Eh arriva. È una scintilla. Come quella volta che assieme ad altri amici al congresso nazionale enigmistico di Bardonecchia stavo a godermi il sole. Me la prendevo comoda, senza fretta, nonostante il tempo per la presentazione del rebus stesse scorrendo inesorabile: era un concorso estemporaneo di enigmistica. M’è arrivata l’ispirazione. Mi sono alzato e l’ho fatto. Risultato: primo classificato». (Per la cronaca, il rebus riguardava figure di minatori alle prese col traforo del Frejus che lette nell’insieme danno la frase «Silo per foraggi», foto sotto)
Per Bruno Corti la metafora del «rebus», parola che i giornalisti impiegano per fare i titoli quando qualcosa non quadra, non esiste. Perché questo signore di 62 anni – studi classici, vita tranquilla da pensionato dopo oltre 20 anni alla Mascioni di Cuvio – è un enigmista con tanto di nome di battaglia, «bruco».
Ci vive, dentro a rebus, giochi di parole, indovinelli, sciarade. Proprio quelli che si trovano nella “Settimana enigmistica“, Olimpo per gli appassionati, pubblicazione con la quale collabora da anni, così come per molte altre riviste in abbonamento per cultori della materia, o pagine social dedicate a uno strumento che serve fondamentalmente per esercitare il cervello.
Belli i rebus, ma le parole crociate…
«Ecco, il cruciverba non rientra nell’enigmistica classica. Nel “nostro“ ambiente quasi ti guardano storto se parli di parole crociate. Eppure da ragazzino proprio da qui sono partito, dal riempire le caselle, dal finire le edizioni lasciate a metà in casa da mio papà. Io mi gustavo i “senza schema”. Bellissimi. Poi ho cominciato coi rebus».
Com’è la vita da enigmista?
«Sono in pensione, mi godo la libertà e l’ispirazione che arriva da una bella passeggiata fra i vicoli di Carnisio (località nella località, cioè Caldana, che è frazione di Cocquio Trevisago. È qui che in un tavolo su di un prato silenzioso in affaccio alla valle, di fronte alla chiesa, Bruno Corti si lascia intervistare), o nel bosco. In realtà, a cercarli, esistono momenti di grande conviviali dove si mangia e si beve fra colleghi animati dalla stessa passione. Nasce quello che non a caso un amico ha battezzato come “enoenigmastica“: bere bene, masticare per mangiare», spiega molto divertito Corti, «e inventare».
Le viene un’idea su di un gioco di parole. Poi cosa fa, come funziona la creazione di un rebus?
«Si può patire da un concetto per esplicitarlo in una figura, oppure il contrario. Nel primo caso è necessario lavorare su di una sceneggiatura, su disegni che debbono venir realizzati a seconda di quanto si vuole esprimere. Le riviste di enigmistica hanno disegnatori e figure professionali specializzate per declinare ogni concetto»
Paesini, piccoli centri, frazioni. Tanta poesia. Ma alla fine risulta fertile questa vita culturale di provincia?
«Altroché. Esistono relazioni solide e invisibili fra cultori dell’enigmistica e fra le materie che ne sono alla base. Per esempio la matematica. Fior di matematici sono abilissimi enigmisti: guarda caso proprio a Caldè pochi giorni fa si è svolto “Tutto è numero” un festival della matematica che costituisce l’allenamento in vista delle finali internazionali dei Campionati di Giochi Matematici dove è arrivato pr esempio l’amico Giorgio Dendi di Trieste che è un grande matematico e un abilissimo enigmista. Questo solo per fare un esempio».
C’è passione, dunque?
«Molta. La provincia offre spunti culturali enormi, e che per giunta non si vedono. Li si vive. Qui si trovano vere e proprie comunità di persone che amano partecipare. Amici poliglotti. Studiosi. Un posto che ispira».
La cultura che un po’ si perde in questi tempi non rende più difficile la vita di un enigmista?
«No, non direi, cerchiamo sempre di seguire la lingua parlata, seguiamo i neologismi e cerchiamo di darci dei paletti su quali termini utilizzare e quali no».
Parole che cambiano.
«Significati su cui riflettere. Cesure da rispettare. L’uso della parola “mano“ e “manica“, in un gioco, per esempio, non si può impiegare . “Arma“ e “armadio“ invece sì, dal momento che le due parole pur avendo la stessa radice hanno nel tempo assunto due strade diverse e si possono usare».
L’intelligenza artificiale?
«È una calcolatrice. Può aiutare a realizzare visioni, figure. Può facilitare. Ma non sostituirsi alla testa di un uomo».
Per esempio?
«Una cosa semplice semplice. Anagramma. Testata on line. Lì netta onestà».
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