Fra la coppia della Varese bene spinte e paroloni: “Era il nostro modo di comunicare”
Si difende in aula l’imputato per maltrattamenti in famiglia. Fra gli atti d’accusa l’audio di una frenata con l’auto: “Ha tentato di investirmi”
Le costanti dei processi per maltrattamenti in famiglia (e anche per stalking, a dire il vero) nascondono tendenze oramai abbastanza acclarate, da un lato comportamenti fotocopia in aula sotto il disegno della minimizzazione, dall’altra anche lo sforzo di raccogliere elementi di prova da proporre alla corte semmai ve ne fosse bisogno.
Si ricorderà del caso dei due compagni, lui e lei, intorno ai 40, nel giro della “Varese bene”: belle frequentazioni, case in centro, nomi importanti e disponibilità. Due “quasi“ giovani però finiti in aula, lei come parte offesa in un processo per maltrattamenti in famiglia; lui, per contro, da imputato.
Le scene raccontate di fronte al Collegio hanno il sapore deciso dell’irriverenza: parolacce di fronte al bambino piccolo, dileggio del ruolo di madre e compagna, insinuazioni continue circa l’incapacità nello svolgere ruoli e mansioni “di casa“ dettati da chissà quali modelli: «Questa roba surgelata che hai cucinato fa schifo», «non sei neanche capace di cambiare un pannolino» (frasi naturalmente edulcorate dal loro contenuto originario) e altro, di fronte ad amici basiti di quei comportamenti ascoltati nella precedente udienza, e che per tali intemperanze avevano deciso di abbandonare la frequentazione della coppia.
Dunque a un anno di distanza da quella udienza dove si svelarono i retroscena di una famiglia di giovani della borghesia varesina ha parlato in aula l’imputato, che ha dato la sua versione dei fatti. Certamente tensioni ce ne sono state – ad ascoltare le parole dell’uomo, classe 1984 che svolge l’attività di libero professionista fra Italia e Svizzera – ma mai rivolte in maniera violenta verso l’ex compagna, «mai oltre il limite».
Un comportamento forse sopra le righe ma inserito in una routine fatta di parolone, di atteggiamenti a volte ruvidi, ma tutto sommato senza eccessi: «Era il nostro modo di comunicare», insomma; la sua versione, certo, nel corso di una deposizione pacata, puntuale, senza mai alzare e alterare i toni. Ma la sorpresa è arrivata sempre in aula quando la parte offesa ha documentato uno degli episodi contestati legati appunto ai sospetti maltrattamenti, cioè – a sua detta – il tentativo da parte dell’imputato di investirla con l’auto. Si tratta di una registrazione audio eseguita con lo smartphone della donna, nella quale si sente l’auto arrivare con le ruote che smuovono la ghiaia nel vialetto, forse un cenno di frenata, e i due che si parlano.
Una registrazione riprodotta in aula e ascoltata dai giudici. Ora restano da sentire altri testi della difesa, tre il prossimo 28 gennaio.
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