“Mia sorella uccisa a coltellate dal marito, a chi subisce violenza dico: denunciate subito“
La testimonianza di una signora di Laveno Mombello: “Una chiamata al telefono, e il mondo mi è crollato addosso. Ora se mi accorgo che qualcuno ha bisogno, intervengo”. Nel 2024 sono 100 le vittime della violenza di genere in meno di 11 mesi

«Quel giorno mi telefonò l’altra mia sorella da Palermo. Era il 6 maggio del 2011: “Hanno chiamato i carabinieri di Prato. Dicono che Massimo ha ucciso Desirè”. Ho cercato subito su internet. E su un giornale locale ho visto mia nipote in braccio a una carabiniera. Ho capito, e sono caduta a terra».
Desirè Z., 34 anni (nella foto), è stata uccisa 13 anni fa dal marito, con cui era in corso una separazione. Poi l’uomo si tolse la vita con la stessa arma, un coltello. Ad aprire la porta ai vigili del fuoco fu la figlia della coppia, di appena 3 anni. Un dolore indescrivibile. Una pena che non può essere dimenticata.
Oggi, a distanza di tanto tempo, la sorella di Desirè, che vive e lavora a Laveno Mombello, ricorda quei giorni. E lo fa con un post sulla sua pagina Facebook che non lascia spazio a interpretazioni: una donna in difficoltà, che ha paura per la violenza dimostrata dal compagno, chiami il 112. Oggi basta sfiorare con un dito l’app del telefono.
«Mi piacciono gli uomini che lasciano il segno. Non le cicatrici. Ciao Sorellina Mia», recita il suo messaggio, così intimo e lasciato in eredità a chi legge. Un messaggio che non vuole essere solo un ricordo, ma un consiglio rivolto a tante donne che potrebbero trovarsi nella stessa condizione in cui si trovò sua sorella.
Un messaggio nel giorno in cui il capo dello Stato, Sergio Mattarella, esorta ad «azioni concrete» per combattere la piaga della violenza di genere. Il giorno dell’ergastolo ad Alessandro Impagnatiello per l’omicidio di Giulia Tramontano e della richiesta di “fine pena mai” per Filippo Turetta, accusato dell’omicidio di Giulia Cecchettin.
Un’attualità continua: nel 2024, sono 100 le vittime della violenza di genere in meno di 11 mesi (vedi osservatorio dei diritti).
Cinzia, cosa ricorda di quei giorni?
«Ricordo tutto. Ricordo i vestiti da comprare per il funerale di mia sorella: un vestito bianco, un sotto giacca che le coprisse il collo. Ricordo mia nipotina, che tenevo con me. Ricordo tante, tantissime persone che erano venute al funerale. Un affetto enorme dimostrato nell’immediato. Ma subito dopo, il silenzio. Nessuno mi chiamò per chiedermi se avessi bisogno di qualcosa. Nessuno» (la voce si interrompe in un pianto liberatorio, profondo, che si percepisce anche al telefono, ndr).
Quali sostegni o aiuti ha ricevuto la sua famiglia?
«Molto pochi».
Ma come si riparte nella vita di tutti i giorni dopo un fatto del genere?
«Sono stata un anno a dormire con la luce accesa. Ero già separata, e a fidarmi nuovamente di un uomo ci ho messo almeno 5 anni. Avevo paura a dormire con una persona, questa cosa mi ha segnato da questo punto di vista».
Che cosa ha fatto da allora per combattere questa piaga?
«Io faccio un lavoro che mi porta a entrare nelle case delle persone. Faccio l’agente immobiliare. E se mi accorgo che qualcosa non va, intervengo. Non in maniera diretta, certo. Ma qualcosa faccio. Sto molto attenta ai particolari, non mi sfugge nulla. Quando mi chiedono aiuto, io mi prodigo, spesso se vedo qualcuno che necessita di aiuto ed è indeciso. Ho appena ricevuto un messaggio da una ragazza che ha visto quello che è accaduto a mia sorella. Mi ha scritto: “Grazie per aver aiutato me: ti sarò sempre grata. Io e i miei figli”».
(Il post di Cinzia nel corso della giornata è stato notato e condiviso da moltissimi utenti di Facebook nda)
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