Crisi Openjobmetis, parla Scola: “Siamo tutti delusi, ma lavoriamo ogni giorno per migliorare”

Il General interviene in prima persona: «Chi vuole starci vicino è benvenuto. Capisco il dispiacere per i risultati ma non vanno superati certi limiti. Ed è assurdo pensare che non ci vogliamo salvare»

Nel momento più difficile dell’anno sportivo, Luis Scola torna a parlare in prima persona della situazione della Pallacanestro Varese; il “General” lo fa al termine dell’allenamento del venerdì al Campus, nel momento solitamente dedicato all’incontro tra l’allenatore e la stampa. E lo fa con un lungo intervento – circa un quarto d’ora – dedicato a fare il punto su diversi aspetti, sportivi e non.

Il CEO biancorosso è apparso sicuramente preoccupato per la classifica della Openjobmetis (penultima, con due vittorie e otto sconfitte: domenica c’è Milano), ha espresso comprensione per la delusione dei tifosi ma a patto che questa non sfoci in minacce (come quelle esposte su alcuni striscioni nei giorni scorsi), insulti o proteste violente.

«I risultati non sono buoni e la squadra non sta giocando bene: chiaramente siamo preoccupati ma anche occupati a cercare di come possiamo sistemare la situazione. Pensiamo però anche che siamo a un terzo della stagione, manca ancora tantissimo: possiamo cambiare in senso positivo e lavoriamo per migliorare».

I TIFOSI? CHI CI VUOLE STARE VICINO È BENVENUTO

Le contestazioni di questi giorni (in particolare degli ultras) non sono passate inosservate ma devono – spiega Scola – restare dentro un limite di civiltà, senza trascendere. «Siamo consapevoli che qui a Varese c’è tanta passione e questa è una cosa buona; poi so che quando le cose vanno bene c’è tanta positività, quando vanno male sono avvertite più negative rispetto ad altri posti. Accettiamo tutti i punti di vista, tutti i pensieri e le opinioni, qualcuna la condividiamo anche, ma devono esserci dei limiti su violenza, minacce e mancanze di rispetto. Se si passa questo limite si va fuori dai principi della Pallacanestro Varese dentro i quali, io credo, resti la più vasta maggioranza dei tifosi varesini».

Sulla possibilità che una parte del pubblico diserti la partita, Scola risponde: «Non c’è nessun problema, nel caso facciamo venire qualche squadra di minibasket che sarà contenta di venire a sostenerci. La situazione è difficile, ci sta che i tifosi siano dispiaciuti: a loro diciamo che chi ha la voglia di stringere i denti e lottare con noi è benvenuto. Chi invece non vuole venire perché la squadra sta andando male e il momento è negativo, nessun problema, è una decisione che ci sta. Noi cerchiamo di fare meglio e di risalire. Non credo che le contestazioni di questa settimana rappresentino la maggioranza della tifoseria varesina anche se penso che la maggior parte dei tifosi non è contenta della squadra e su questo hanno ragione. Nemmeno noi siamo contenti dei risultati». Luis scola

NON È LA PRIMA VOLTA

Il “General” ricorda che la Pallacanestro Varese non si trova per la prima volta in difficoltà negli anni recenti. «Siamo stati anche peggio a partir dal primo anno in cui non avevo fatto io la squadra ed eravamo con un record di 3-12 alla fine dell’andata. O l’anno della sanzione in cui ci siamo trovati a giocare la partita decisiva con Scafati senza Jaron Johnson. Non sarà nemmeno l’ultimo momento di difficoltà ma cerchiamo di lavorare, per sistemare le cose che vanno male e cercando di vincere le partite che è la cosa più importante».

SPONSOR E SOCIETA’ VICINI 

«Questo progetto è fatto per la città, perché crediamo in Varese e nei tifosi. Se le persone non sono contente di come sta giocando la squadra ci sta: tutti quelli con cui ho parlato sono vicini, ci supportano. Chiaramente non sono contenti dei risultati e del gioco ma tutti ci sono accanto e nonostante le cose brutte che sono accadute in settimana vogliono continuare a lavorare per sistemare la situazione».

ASSURDO PENSARE CHE SI VOGLIA RETROCEDERE

«Dire che noi vogliamo retrocedere è una cosa talmente assurda che mi imbarazzo a doverlo spiegare: sarebbe come dire che la Coca Cola non vuole vendere le sue bottiglie o che il McDonald’s non vuole vendere il cibo». Questo è forse l’aspetto che più di tutti indispone il dirigente biancorosso: «Sono qui per fare un progetto di pallacanestro: se le cose stessero così avrei tranquillamente potuto retrocedere il primo anno con una squadra fatta da altri. Se volessi retrocedere perché fare diversi cambiamenti l’anno scorso, oppure passare ai sei stranieri quest’anno? Quale sarebbe il vantaggio di scendere in A2? Sono cose senza senso, ridicole».

ATTACCHI ASSURDI VERSO GLI SKYBOX

Un altro aspetto che fa arrabbiare Scola è la critica verso gli skybox diventati – per alcuni – una sorta di capro espiatorio verso i mali della squadra. «Anche qui è una cosa ridicola: gli skybox sono pagati dalla Regione, in un impianto del Comune per un progetto approvato quando io ero un giocatore. Non sono certo costruiti con soldi destinati alla prima squadra, anzi: affittandoli la società sta avendo dei grossi benefici a 360 gradi» intendendo i ricavi extra portati dalla presenza di questi spazi.

LA LINEA DI COMANDO

Infine Scola ha toccato l’argomento allenatore (che è rimasto al suo posto) facendo un ripasso di come funziona la struttura della società: «Anzitutto non prendiamo decisioni perché c’è un pensiero popolare, dobbiamo fare scelte che aiutino la Pallacanestro Varese a vincere le partite considerando tutto il quadro. Qui l’allenatore decide come si gioca, il management decide sull’allenatore, io che sono l’amministratore delegato decido sui manager e il CdA decide su di me. Da quando sono qui abbiamo avuto sei allenatori che hanno adottato metodi e sistemi completamente diversi l’uno dall’altro: fino a quando l’allenatore piace al management non lo si cambia, mentre io devo valutare il team dei manager. Se penso che non sono all’altezza prenderò anche io certe decisioni. Ricordiamoci che ci sono anche tante scelte da fare oltre a quanto succede la domenica in campo e ogni mossa che dobbiamo fare va valutata nel suo insieme. Un nuovo giocatore significa non solo pagare lo stipendio, ma anche uscire dal contratto di un uomo da sostituire: questo porta ad avere due case, due macchine, due stipendi oltre a un biglietto aereo, un tesseramento, una tassa in più. Vorremmo fare meno cambi possibile ma se serve interveniamo. E siamo intervenuti».

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 13 Dicembre 2024
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