“Avvocato, quel giorno stavo venendo a Varese per ammazzarla”

Testimonianza shock nel processo Manfrinati, che da imputato minaccia denunce a raffica contro la famiglia Criscuolo-Limido, parte offesa. “Quando uscirò dal carcere tornerò a nuotare”

Marco Manfrinati aveva le lacrime, scese più e più volte al momento di parlare in aula quando pensava al figlio. Ma è sembrato custodire anche parole offensive – ripetute come è giusto che sia, “alla lettera“, da parte di un testimone – rivolte alla suocera rimasta vedova da qualche mese per mano sua e per sua ammissione.

E poi quelle frasi pesanti come macigni rivolte al difensore delle parti civili, l’avvocato Fabio Ambrosetti (nella foto d’apertura del pezzo): «Scusi ma chi doveva ammazzare, quel giorno?», chiede il legale.

«Quel giorno stavo venendo ad ammazzare lei, avvocato. Perché uccidere un avvocato è un obiettivo militare legittimo se qualcuno tocca mio figlio» (frasi riferite a una telefonata alla moglie che risale al maggio del 2023, e finite agli atti). Parole pronunciate in aula, più volte scandite, e da gelare l’aria. Mai sentite fino ad ora in un’aula di giustizia, anche per fatti fra i più efferati.

Tutto avvenuto oggi. La cornice è il processo per stalking che vede imputato Marco Manfrinati; ma il brodo di coltura del lungo esame a cui l’ex avvocato 41enne di Busto Arsizio si è sottoposto non può che risultare dall’epilogo di questa disputa infinita fra l’imputato e i famigliari della sua ex moglie culminato nei fatti del 6 maggio a Varese: un morto, con decine di coltellate, Fabio Limido; e una giovane offesa con altrettanti fendenti portati alle parti molli del collo e al volto, per uccidere, la figlia della vittima, Lavinia Limido.

L’imputato Manfrinati è apparso inizialmente silenzioso, di fianco al difensore Fabrizio Busignani, per poi trasformarsi in un fiume in piena, lucido, aggressivo, puntiglioso fino alla virgola: solo i ricordi del figlio in tenera età l’hanno fatto sciogliere in alcuni pianti a singhiozzo, intervallati da ricostruzioni precise quanto a difese audaci: mai fatto nulla per il quale oggi viene chiamato a rispondere – articolo 612bis del codice penale: atti persecutori – : mai tagliato le gomme dell’auto della madre di Marta Criscuolo, mai colpito per primo (se non a parole), anzi vittima del suocero per via delle sue intemperanze contro i meridionali (Marta Criscuolo, sua suocera, ha origini campane); «da provare» i danneggiamenti alle recinzioni della casa di famiglia dell’ex moglie e dei suoi, in via Albani a Varese.

Sullo sfondo il tentativo di ricondurre un atteggiamento «di certo non consono», come lo ha descritto il difensore, alla reazione per i reiterati tentativi dei famigliari della moglie di togliergli il figlio: «Me lo hanno rapito due volte, hanno orchestrato tutto insieme ai legali», ha spiegato Manfrinati. E così si spiegherebbe quel vocale registrato dalla ex moglie il giorno in cui l’imputato aveva annunciato di voler arrivare a Varese per colpire e sgozzare, uccidere con un martello. E c’è di più, cioè l’annunciato desiderio di denunciare per calunnia chi ad oggi l’ha accusato ingiustamente.

Fuori dall’aula il suo difensore ha specificato di voler far riaprire ali processo archiviato a Busto Arsizio per “sottrazione di minore” (Manfrinati denunciò la moglie che nel luglio 2022 era scappata insieme al bimbo dalla casa familiare) a fronte dei «nuovi elementi emersi», vale a dire il contenuto delle copie forensi dei telefoni in mano agli investigatori dopo i fatti di sangue del maggio scorso a Varese: «Quei telefoni contengono la verità di come sono andati i fatti, e di quale fosse lo stato di quell’uomo a fronte del comportamento delle parti offese».

Sempre l’avvocato Busignani ha poi annunciato di voler inviare una memoria al Guardasigilli per denunciare un forte ritardo, che andrebbe a sfasare i termini di legge, in merito alla ricezione degli atti per il procedimento per omicidio e tentato omicidio per i quali la Procura da oltre una settimana (10 giorni per l’esattezza) ha chiuso le indagini. Insomma la difesa di Manfrinati va all’attacco in un procedimento che si preannuncia duro, e solo la piccola anticipazione di quello che sarà (in corte d’Assise). Le prossime udienze sono calendarizzate e porteranno la discussione delle parti (che anticipa la sentenza) ad Aprile.

Nel frattempo l’imputato, quasi con fare trasognato, ha parlato dei suoi «amati Paesi Baschi», dove avrebbe voluto trasferirsi a vivere, ed espresso il desiderio di «farmi una bella nuotata in piscina quando tornerò in libertà». Chissà quando.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Gennaio 2025
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