Commercialista condannato a Varese a otto anni per peculato e falso
Risarcito l’Ordine professionale che si è costituito parte civile: 50.000 € di provvisionale disposta dal giudice. Disposta anche una confisca da 687 mila euro

Si è concluso con una condanna a otto anni il processo a carico di un ex commercialista di Varese, ora auto sospesosi dall’albo, accusato di peculato e falso materiale in atto pubblico (QUI l’articolo in cui si parlò della vicenda). Il tribunale ha disposto la confisca per equivalente di 687 mila euro (che diventerà esecutiva quando la sentenza sarà passata in giudicato) e ha inflitto all’imputato l’interdizione legale per tutta la durata della pena, l’interdizione dai pubblici uffici e l’incapacità perpetua a contrattare con la pubblica amministrazione.
L’Ordine dei commercialisti, costituitosi parte civile con l’avvocato Daniele Pizzi, ha ottenuto un risarcimento in sede civile, con una provvisionale immediatamente esecutiva di 50 mila euro, calcolata sulla media di 500 iscritti per ogni anno in cui vengono contestati gli illeciti penali, moltiplicati per 100 euro a testa, cioè per ogni singolo iscritto. La decisione è arrivata martedì 25 marzo in camera di consiglio, presa dal giudice per l’udienza preliminare Alessandro Chionna: il Pubblico Ministero Lorenzo Dalla Palma aveva chiesto una pena di sette anni; il giudice ha innalzato la pena di un anno, considerando le attenuanti generiche equivalenti alle contestate.
Le condotte illecite sospette, risalgono al periodo tra il 2015 e il 2020 e comprendono cinque episodi di peculato ai danni di procedure fallimentari e concorsuali, due episodi di falso, nonché reati di autoriciclaggio e false comunicazioni sociali, per un totale di nove capi di imputazione.
Secondo l’accusa, l’ex commercialista avrebbe distratto ingenti somme di denaro mentre era incaricato come curatore fallimentare e liquidatore giudiziale. Le indagini partite dalla Guardia di Finanza di Varese hanno evidenziato pesanti giroconti verso i propri conti bancari o quelli della moglie, al fine di incamerare le somme o reinvestirle nell’acquisizione di quote societarie. Inoltre l’uomo avrebbe falsificato mandati di pagamento, contraffacendo firme di giudici e cancellieri, e alterato estratti conto per legittimare le operazioni illecite. L’imputato, difeso dall’avvocato Paolino Ardia, probabilmente ricorrerà in appello.
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