Sigfrido Ranucci a Varese: “Il giornalismo locale come anticorpo contro la malattia del sistema”

Il conduttore di Report ha presentato il suo libro "La scelta" davanti a una sala gremita, riflettendo sul ruolo dell'informazione

Una sala gremita e un pubblico attento hanno accolto Sigfrido Ranucci a Varese, in occasione della presentazione del suo libro La scelta nelle sale dell’ex Lyceum.

Ma il giornalista e conduttore di Report ha offerto anche, a margine della serata, una riflessione lucida sul valore del giornalismo in Italia: «Il salto di qualità dell’informazione – ha spiegato  a Varesenews –  è quello di cercare di capire di chi sono le responsabilità, se ci sono delle cose che non funzionano bene. Questo non per cercare un colpevole, bensì per evitare che le anomalie, le criticità continuino a impattare sulla collettività, sul bene comune».

Ranucci ha anche espresso preoccupazione per un’informazione sempre più superficiale. «Credo che il rischio sia l’omologazione dell’informazione – ha infatti sottolineato – Oggi siamo travolti da una sovrabbondanza di informazioni veicolate con grandissima velocità, che da una parte provocano stordimento e dall’altra rendono impossibile l’approfondimento». Di fronte a questo scenario, secondo Ranucci ai giornalisti servono doti chiare: «Ci vuole coraggio, indipendenza, preparazione. Bisogna saper fare slalom tra le fake news e mantenere la barra dritta».

Una professione resa ancora più difficile dal quadro normativo, che, a suo avviso, sta andando in una direzione preoccupante: «Credo che sia un momento particolare per l’informazione. Alcune leggi già approvate, e altre in approvazione, stanno portando verso un vero e proprio oblio di Stato e verso leggi bavaglio». A pesare sono anche le norme che permettono «Le liti temerarie, le cause civili intentate per intimidire i giornalisti, e il mancato adeguamento dello stipendio di chi fa questo mestiere con responsabilità».

Per questo, il giornalista di inchiesta e conduttore di Report coinvolge anche il giornalismo locale in questa responsabilità sociale: «Io credo che il nostro sia un Paese malato, talmente abituato a convivere con la propria patologia da considerarla la normalità. E per questo – ha aggiunto –  noi dovremmo rafforzare anche la stampa locale, che se il corpo è malato rappresenta l’anticorpo periferico. È lei che può intercettare il male prima che distrugga il corpo».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 23 Aprile 2025
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