Da Lozza una risposta alla remigrazione: «ll partigiano Covalero oggi direbbe “siamo tutti italiani”»
La cerimonia che si è svolta a Lozza per svelare il monumento in ricordo del partigiano ucciso, è stata l'occasione per parlare degli ultimi episodi avvenuti a Gallarate

Che la storia non sia un libro chiuso, ma un racconto che si scrive giorno per giorno, lo ha dimostrato oggi Lozza: piccolo paese pieno di energia e orgoglioso di essere testimone vivo di un passato che merita di essere ricordato.
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La cerimonia per il trasferimento del monumento dedicato ad Augusto Covalero – partigiano ucciso dai fascisti e lasciato esanime in strada, esposto allo sguardo dei passanti come avvertimento – non è stata solo un momento di memoria. È stata l’occasione per parlare al presente, per aprire un dialogo con i ragazzi delle scuole e riflettere insieme su ciò che è accaduto pochi giorni fa a Gallarate, città che ha ospitato il raduno neonazista, organizzato al teatro Condominio.
«Pensate che differenza enorme c’è tra due parole: integrazione e remigrazione», ha detto con forza Stefano Tosi, vicepresidente del comitato provinciale Anpi. «A Gallarate c’era chi diceva che bisogna aver paura degli stranieri, di chi ha una religione diversa dalla nostra. Paura, se non addirittura odio, verso chi ha un colore della pelle diverso. Secondo loro, chi non è bianco o cristiano dovrebbe tornare al paese d’origine. Ma io sono certo che, se Augusto Covalero fosse qui oggi, rivendicherebbe con orgoglio di aver combattuto per una Repubblica democratica, in cui siamo tutti uguali, con gli stessi diritti e doveri. Tutti italiani».
In molti hanno voluto rendere omaggio ad Augusto. Padre di due figlie, fu torturato e ucciso perché si era rifiutato di tradire i compagni partigiani. Presenti alla cerimonia c’erano le delegazioni dell’Anpi di Lozza e Castiglione, gli Alpini di Lozza, Castiglione e Capolago, la Protezione Civile, i sindaci di Lozza Matteo Acchini e di Castiglio Olona Giancarlo Frigeri, l’ex sindaco di Lozza e oggi consigliere regionale Giuseppe Licata, i ragazzi della quinta elementare “Pascoli” di Lozza, il consiglio comunale dei ragazzi di Castiglione, e soprattutto gli eredi del partigiano: due nipoti e Attilio Manenti, 103 anni, uno degli ultimi testimoni diretti di quei giorni di terrore.
Presente nei ricordi di tutti, la figlia di Augusto, Giuseppina, scomparsa lo scorso anno. Era lei a desiderare da tempo che il cippo dedicato al padre trovasse una collocazione più degna. E ora quel desiderio si è avverato.
Il vecchio monumento era stato relegato lungo la provinciale, dietro un guard rail, visibile solo per chi sapeva cosa rappresentasse. Oggi si trova accanto al cimitero, vicino al punto in cui Covalero venne ucciso il 18 luglio 1944. Una posizione finalmente rispettosa, dove è possibile fermarsi, leggere, capire e ricordare.
Durante la cerimonia, i ragazzi delle medie di Castiglione hanno raccontato la storia del partigiano, mentre gli alunni delle elementari hanno letto ad alta voce alcuni articoli della Costituzione. Attilio Manenti ha riportato alla memoria il clima di paura che si respirava quando in paese si sparse la voce che Covalero era stato prelevato da casa.
Don Stefano ha benedetto il cippo e ha rivolto un pensiero a tutte le persone di buona volontà che oggi, come allora, scelgono di stare dalla parte della libertà.
Tra i presenti c’era anche Giovanni Bloisi, il “ciclista della memoria”, pronto a partire per un nuovo viaggio sulle strade d’Europa. Dopo il cammino dello scorso anno, da Ventotene al Mortirolo, quest’anno pedalerà dal passo del Mortirolo a Bruxelles, attraversando Svizzera, Francia, Germania, Lussemburgo e Belgio. Un’iniziativa promossa con l’Ecomuseo della Resistenza in Mortirolo e il professor Costantino Ruscigno del Politecnico di Milano, con l’obiettivo di coinvolgere studenti e università lungo il percorso.
«Un viaggio per guardare al futuro, senza dimenticare il passato», ha detto Bloisi.
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