Giovanni e gli altri: da Varese le storie di chi cura anima e corpo camminando

Nella strada, o in una dura salita tra i monti dove trovare la forza per cambiare, muoversi significa vivere. Racconti di riscatto e resilienza: “Siamo tutti a rischio caduta, ma siamo anche degli eroi“

Generico 05 May 2025

«Oggi scalo nuove vette, a micropassi». Ci aveva risposto così Giovanni Ludovico Montagnani (foto di apertura), un giovane del Lago Maggiore, di Sesto Calende: sportivo e idealista, uomo fatto di alpinismo e impegno sociale per i diritti della natura che un giorno si è risvegliato in una sala di rianimazione con la schiena fratturata per una caduta da un parete rocciosa.

Un volo che, al di là dei risultati diagnostici, rappresentava la caduta dalla sua casa, la montagna, che lo aveva visto protagonista di vere e proprie imprese in nome dell’ambiente, come quando assieme ad alcuni amici attraversò le Alpi dalla Valtellina a Davos, a piedi, nella neve, per tenere acceso un. messaggio di speranza contro il cambiamento climatico. Quella montagna che nel 2020 l’ha ferito è stata forse anche antidoto che in qualche modo ha fatto rinascere questo ingegnere elettronico del Lago Maggiore; montagna sempre pensiero fisso durante le tante visite con gli specialisti, gli sguardi incrociati dei dottori che vedevano la difficoltà: «Se potrai muoverti ancora, sarà un miracolo».

Giovanni, padre di famiglia, non si lascia andare . Resiste per vincere. La parola, resilienza, a volte sperperata, è proprio questo: adattarsi ad un cambiamento. Già, ma come? Di fronte ad una prova fisica che ha nella risposta del corpo il suo principale limite oggettivo è facile perdere il coraggio della speranza, se manca una bussola interna che faccia mantenere la rotta dell’equilibrio. Ludovico l’ha trovata nella sua famiglia, e nella forza che ha sempre messo nelle imprese portate avanti con gli amici: uscite «estreme», raccontava, corse per giorni su dislivelli incredibili. La forza di volercela fare per tornare a camminare, alla fine ha vinto.

Una forza arrivata dalla potenza del cammino in ambiente naturale è cura, ogni giorno, per milioni di persone che hanno riscoperto la fascinazione degli alberi, dei colori reali e non filtrati da uno schermo, dei silenzi. Giovedì 15 maggio alle 21:00, Ludovico, diventato nel frattempo autore di un blog e di un libro – Dopo l’incidente.E se andasse tutto meglio del previsto? – parlerà della sua esperienza a Materia. Una testimonianza fra i cammini, racconti di vita, riscatto e dolore che in questi anni abbiamo saputo trovare.

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addio oliviero bellinzani

Come quello di Oliviero Bellinzani, che da dieci anni non c’è più. Era “l’uomo con le ali“. Ha lasciato un grande vuoto. Ma anche un ricordo di quanto nel cammino, quest’uomo, rimasto con un solo arto a causa di un incidente stradale nel 1977, aiutato dalla sua gruccia, trovasse la vita. Faceva cose strabilianti: non solo passeggiate, ma vere e proprie ascensioni che non lasciano dubbi su quale fosse l’attaccamento al quotidiano che veniva a sublimarsi, per lui, nella scoperta e riscoperta costante del percorso, del movimento. Ad appena sei mesi dall’incidente, con una gamba in meno e due stampelle in più, tra lo scetticismo della gente e le preoccupazioni della madre, Oliviero decise di salire il Monte Nudo, in Valcuvia, quota 1.235. Fu un suo successo, ma anche l’ispirazione per tanti altri. Che il cammino in un certo senso possa rappresentare una cura, anche dell’anima, lo abbiamo raccontato nel corso degli anni (e continueremo a farlo) anche con altre due storie emblematiche.

Generica 2020

C’è quella di Nicola Gallicchio he ha corso 93km in 12 ore per tornare dove gli diagnosticarono la malattia, questa volta non in ambulanza ma sulle sue gambe: l’ingegnere italo svizzero di 38 anni di Lavena Ponte Tresa ha voluto celebrare a suo modo il quinto anniversario della diagnosi che gli cambiò la vita, quella del linfoma non Hodgkin, un tumore del sistema linfatico che abbiamo incontrato non a caso durante una delle tante tappe della via Francisca del Lucomagno: «Siamo tutti a rischio caduta ma siamo anche degli eroi», ha detto a Varesenews in un audio-podcast che racconta la sua esperienza che è quella di ciascuno: un sottile equilibrio che da un momento all’altro può cambiare. Ed è lì che devi avere, trovare, la forza di reagire.

#run106Pietro

Ancora, Roberto Andreoli, che corre sotto il sole del deserto africano nella prima scena del film “DigitaLife” realizzato da Varesenews per celebrare il cambiamento del mondo in vent’anni di tecnologia, tutti attraversati dalla vita del giornale. Una corsa anche per sopravvivere alla scomparsa del figlio, dolore insopprimibile per il quale non esiste rimedio se non la cura da cercare dentro se stessi: 106 chilometri percorsi in Namibia per raccogliere fondi da donare alla ricerca di una cura dei tumori infantili. E ci è riuscito.

Appunto, un passo dopo l’altro.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 09 Maggio 2025
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