Il sangue sente. Donarlo è lasciare un pezzo di noi negli altri

Cosa succede al sangue mentre scorre nel nostro corpo? Donare il sangue è anche un gesto simbolico, è dire a un'altra persona: "Porta un po’ di me con te, che sia utile, che ti dia forza"

foto spiga grano - geneletti

Cosa succede al sangue mentre scorre nel nostro corpo?
Si carica di ossigeno nei polmoni, si alleggerisce dell’anidride al ritorno. Ma quando attraversa il cuore, quando invade il cervello, il fegato, gli occhi, il tronco… Cosa prova? Cosa sente?

Se siamo arrabbiati o innamorati? Se respiriamo l’odore di una fogna o alziamo lo sguardo verso le stelle?
Cosa accade al nostro sangue? Che tracce trattiene di noi? Che memoria conserva?

Ci sono gesti che sembrano semplici, concreti, eppure nascondono mondi. Uno di questi è donare il sangue.
Un ago, una sacca, pochi minuti. E intanto, nel nostro corpo, se ne va qualcosa che ha viaggiato ovunque: nei pensieri, nei respiri, nelle paure e nei desideri.

Il sangue conosce le strade del cuore meglio di noi.

Il sangue, da un punto di vista biologico, è un sistema straordinario: trasporta ossigeno, nutrienti, ormoni, segnali chimici, e rimuove scorie. È movimento, è scambio, è vita.

Ma se proviamo a interrogarlo con occhi diversi, allora il sangue diventa anche qualcos’altro.

Quando passa dal cuore, si fa potente, ritmato, sospinto dal battito. Quando attraversa il cervello, riceve, e forse restituisce, impulsi elettrici, pensieri, emozioni trasformate in neurotrasmettitori. Quando entra nel fegato, filtra, assimila, depura. Negli occhi, forse si tinge di luce, di visioni.

Il sangue non ha coscienza, ma porta le tracce della nostra coscienza.
Se siamo arrabbiati, cambia la sua pressione, la sua velocità.
Se siamo innamorati, riceve scariche di dopamina, di ossitocina, di adrenalina.
Quando vediamo una fogna o le stelle, è coinvolto in un’interpretazione emotiva che modifica la chimica del nostro corpo.

E allora, sì, in un certo senso il sangue sente.
Non ha memoria nel senso in cui ricordiamo un volto o un nome, ma porta nel suo fluire la cronaca vivente di ciò che siamo, istante per istante.

Forse, come l’inchiostro su una pergamena invisibile, il sangue scrive dentro di noi il romanzo biologico delle nostre emozioni.
E questo romanzo, solo il corpo sa leggerlo.

Donarlo, allora, non è solo un atto medico. È anche un gesto simbolico.
È dire a un’altra persona: “Porta un po’ di me con te, che sia utile, che ti dia forza.”

Forse questa visione nasce anche da dove vengo. Sono cresciuto in una famiglia dove donare il sangue era un gesto naturale. Mio padre lo ha fatto per tutta la vita, con regolarità e orgoglio. Mia madre, anche, fino a quando ha potuto.

Quell’idea di dare qualcosa di sé per far vivere qualcun altro mi è rimasta dentro. E continua, oggi, nelle persone che ho accanto.

Come Marco, il collega con cui ho iniziato a lavorare il mio primo giorno in azienda. Si occupa di sistemi informatici complessi e reti globali di comunicazione, e dietro le quinte è un donatore instancabile, esempio silenzioso ma potente di cosa significhi esserci, per chi non si conosce.

E così, anche se nessuno potrà mai sapere a chi arriverà quel sangue, forse un giorno qualcuno si sentirà più forte, più vivo, senza sapere che, sottopelle, sta camminando un pezzo della nostra storia.


NOTA. Per informazioni sulla donazione di sangue nella provincia di Varese, è possibile consultare il sito di AVIS Provinciale o rivolgersi ai centri trasfusionali degli ospedali locali.

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Pubblicato il 23 Agosto 2025
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