Il brogliaccio di Zagari, la genesi del film Ammazzare Stanca
“Ammazzare Stanca. Autobiografia di un assassino” è stato presentato qualche settimana fa a Venezia: ospite al Festival anche il giornalista Gianni Spartà che di questa storia fu testimone privilegiato bei primi anni ’90: Antonio Zagari è uno dei “Soggetti Smarriti” (Macchione) raccontati nel suo ultimo libro

Il film sul Medioevo dei sequestri in provincia di Varese non è un noir e nemmeno la cruda ricostruzione di anni terribili, è soprattutto un viaggio psicologico nella coscienza di uno dei primi pentiti della ‘ndrangheta, Antonio Zagari.
Lo ha spiegato il regista Daniele Vicari al Festival del cinema di Venezia dove “Ammazzare Stanca. Autobiografia di un assassino” è stato presentato qualche settimana fa. L’ambientazione e anche la genesi del film sono totalmente varesine perché qui vivevano gli Zagari, tra Buguggiate e Malnate, e perché qui Antonio decise di svoltare ripudiando le cosche, tradendo il boss che era suo padre, sventando a Luino il sequestro di Antonella Dellea: i banditi vennero fermati dai carabinieri, si era infranto il velo dell’omertà.
Del Festival di Venezia è stato ospite il giornalista Gianni Spartà che di questa storia fu testimone privilegiato bei primi anni ’90: Antonio Zagari è uno dei “Soggetti Smarriti” (Macchione) raccontati nel suo ultimo libro. «Mai avrei immaginato che la vita di Zagari sarebbe diventata un film, ma lui lo pensava, credo, quando nel 1992 chiese e ottenne di incontrarmi ne carcere dei Miogni per raccontarmi la sua svolta esistenziale», ricorda Spartà.
«Mi disse: ho fatto una grande abbuffata di pietanze criminale e una non l’ho mai digerita. I sequestri di persona mi facevano schifo, quando seppi in che modo avevano ucciso Emanuele Riboli, amico di mio fratello Enzo, ho vomitato tutto». In quell’incontro Zagari consegnò al giornalista un brogliaccio di un centinaio di pagine scritte a mano fronte retro: sintassi e calligrafia insospettabili, un capolavoro il titolo, Ammazzare Stanca.
«Era una requisitoria bella e fatta, rivelava come la ‘ndrangheta si fosse infiltrata in Lombardia nei primi anni
’50 specializzandosi nei sequestri d persona: carte scottanti – dice Spartà -. L’avessi resa nota subito avrei
mandato all’aria un’inchiesta ancora in corso e che culminò nel processo Isola Felice, oltre un centinaio di detenuti e lui Antonio Zagari, scortatissimo, nei panni del “traditore” come Buscetta a Palermo. Esperienza drammatica e dagli esiti imprevedibili il colloquio in carcere con un assassino. Zagari è morto a Roma nel 2004: non è il peggiore che ho intervistato nella mia carriera».
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