Le indagini di Malnate e gli arresti per armi e droga: i due anelli deboli che hanno colpito la “167“
Il blitz nei boschi l’inverno scorso e le copiose conversazioni di uno dei “fattorini” del gruppo che si spostava con spacciatori e persone vicine alla Gang

Chi scegliere di vivere a stretto contatto con l’illegalità rischia di cadere per qualche suo anello debole. Anche i gruppi musicali che ostentano pistole e fucili d’assalto nei video in cui l’intelligenza artificiale crea personaggi sotto forma di topi giganti che si mangiano le guardie.
Seguendo questa vena “artistica”, non era un mistero per la “167Gang“ di Malnate il parteggiare per un presente fatto di droga “che ti manda sottoterra” o di armi da fuoco. Si dirà: vicende di fiction – quindi come leggersi un romanzo, una storia inventata – comuni a molti gruppi trap/hip hop. Vero. Ma, secondo gli inquirenti, il contenuto di quei video narrava invece una quotidianità fatta proprio degli ingredienti che tanto affascinano e tengono incollati molti ragazzi al telefono: storie di “piazze di spaccio”, borselli pieni di soldi, e tanto “bang bang”.
Tornando all’indagine che martedì all’alba ha portato in carcere 11 persone – alcune trovate in flagranza di reato e altre otto colpite da misura cautelare – di anelli deboli in quel contesto se ne notano ben due. Il primo era costituito da quella fonte confidenziale che, prima del gennaio scorso, aveva informato l’Antidroga che nel bosco a cavallo fra Vedano Olona e Malnate si vendeva tantissima droga.
Da qui l’intervento della polizia che, attraverso una bonifica dell’area, droni e visori notturni, aveva portato all’arresto di tre cittadini marocchini che avevano la particolarità di girare indisturbati in quella zona imbracciando un AK-47, arma d’assalto per eccellenza, capace di colpire a oltre un chilometro di distanza.
Nell’immediatezza di quel frangente, ecco spuntare anche il secondo anello fragile di quel giro: un giovanotto di origini napoletane, 44 anni, schiavo della cocaina, che per qualche pallina o grammo da fumare vendeva servizi di trasporto vari ai pusher. Gravita intorno a una piazza del quartiere Santa Rita di Malnate, ma che per tutti in paese è la 167, zona nata con i piani di edilizia popolare previsti dalla legge omonima negli anni ’70 e seguenti.
Cosa fa allora la polizia (Antidroga della Mobile di Varese) coordinata dalla Procura? Piazza delle cimici ambientali proprio nell’auto di quel “fattorino”, che durante i tragitti parla, parla e riparla di traffici di droga legati alla gang. Parla di armi, di pistole e di fucili mitragliatori, di munizioni. Certo, si tratta di “droga parlata”, come in gergo – più spiccio che giuridico – viene indicata un’attività di spaccio o detenzione di stupefacenti non ancora suffragata da elementi di prova concreti, come la droga stessa. Ma che permette agli investigatori di arrivare al dunque.
Non solo. Fra le indagini, oltre a spuntare Mattia Oliverio, frontman della 167Gang, come nome che funge da dominus del gruppo, compare anche un altro personaggio di caratura criminale elevata: Filadelfio Vasi, ben noto alle cronache dei decenni passati e indicato, se non altro, come mandante di un incendio a scopo di estorsione avvenuto la scorsa primavera.
Non è chiaro quale sia stato il vero movente di quel gesto, ma viene messo a fuoco con chiarezza il potere dissuasorio che una figura di questa portata ha avuto nei confronti delle vittime di quel rogo, le quali si sono ben guardate dal rispondere all’affronto con ritorsioni, o peggio.
Ora non resta che attendere l’esito delle udienze di convalida degli arresti in flagranza di reato – tre in tutto – e di quelle di garanzia che seguono l’applicazione delle misure cautelari. Dipenderà dagli indagati se scegliere di parlare, arricchendo gli inquirenti di ulteriori particolari utili a chiudere l’indagine, o se invece tacere.
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