“Resistere Altrove”: Alessandro Tinti e le storie curde di contropotere che interrogano l’occidente
L'autore è stato a Varese in occasione del Festival dei diritti Fondamentali venerdì 10 ottobre per raccontare la sua esperienza in Medio Oriente

Alessandro Tinti è stato a Varese in occasione di Fondamentali, il Festival dei diritti, venerdì 10 ottobre per presentare Resistere altrove. Lezioni curde sul contropotere (People, 2025), un saggio che intreccia la ricerca sul campo e l’impegno politico per narrare la complessità della questione curda attraverso le vite di tre attivisti. L’autore, ricercatore all’Università di Torino e specializzato in Ecologia politica, ha dialogato con la giornalista Samantha Colombo in un incontro che ha toccato temi cruciali, dalle guerre in Medio Oriente alle crisi del nostro tempo.
La questione curda e le storie di vita
Il libro si addentra nella questione curda – spesso sottovalutata o affrontata in modo superficiale dai media – seguendo le vite di Nabil, Mohammed e Renas, tre attivisti molto diversi tra loro. Come sottolineato da Samantha Colombo in apertura, l’immersione nelle loro esistenze funge da porta d’accesso per comprendere un contesto storico e politico complesso.
L’elemento che colpisce è la capacità di Tinti di utilizzare queste storie come uno “specchio universale”. La narrazione della resistenza curda, pur essendo radicata nel suo specifico contesto, si trasforma in una riflessione più ampia sulle crisi e le insicurezze che affliggono anche l’Occidente.
Un libro nato da un senso d’inquietudine
Alessandro Tinti ha esordito ringraziando il pubblico e gli organizzatori, ammettendo l’emozione per la prima presentazione del libro e sottolineando come l’opera sia un “pezzo di vita”. Ha poi ripercorso le motivazioni che lo hanno portato alla ricerca e alla scrittura, riconducendole a un profondo senso di inquietudine.
Questa inquietudine affonda le radici nelle guerre del Golfo e nei conflitti balcanici, eventi che hanno infranto l’illusione di un mondo liberale avviato verso la progressiva riduzione della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. Al contrario, il primo quarto di secolo ha visto un’escalation di violenza.
«Cadeva – ha spiegato Tinti – il velo di alcune illusioni che avevamo imparato in quegli anni, quello di un mondo liberale che si avviava verso una riduzione progressiva della guerra come strumento di risoluzione dei dei conflitti».
Kurdistan: laboratorio di contropotere
L’inquietudine ha spinto l’autore, dopo la sua formazione, a recarsi in Iraq per la prima volta nel 2016 e nel 2017, anni segnati dal conflitto contro lo Stato Islamico. L’esperienza quinquennale di ricerca etnografica nel Kurdistan iracheno (2017-2022), descritta anche nella quarta di copertina, gli ha permesso di conoscere da vicino la questione curda.
Le storie di Nabil, Mohammed e Renas sono state scelte per la loro valenza esemplare nel mostrare il contropotere: la capacità di un individuo ordinario di resistere e sfidare le strutture di dominio, partendo da una posizione di svantaggio assoluto.
Nonostante il Kurdistan sia spesso raccontato come “uno spazio di esclusione, di marginalizzazione, di profonda repressione che dura da oltre cent’anni”, l’autore evidenzia come negli ultimi decenni sia divenuto anche un vero e proprio laboratorio per ripensare il modo di fare politica e il modello di società, soprattutto in Siria, ma con dinamiche simili anche in Iraq.
Con “Resistere altrove”, Alessandro Tinti non solo intende onorare un “debito di riconoscenza” nei confronti delle persone che lo hanno accompagnato in questo lungo viaggio, ma offre al lettore uno specchio in cui l’Occidente può ripensare le proprie domande aperte e le sfide urgenti del nostro tempo, dalla crisi climatica alla crisi della democrazia.
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