“Si può educare alla tecnologia anche vietando i cellulari a scuola”

Ospite della Materia del Giorno, Simona Michelon. La docente ed esperta digitale, ha commentato il nuovo divieto di uso degli smartphone alle superiori

Nella puntata del 10 ottobre del format “La materia del giorno” di VareseNews, dedicato ai temi della vita quotidiana, si è discusso di un argomento che tocca da vicino studenti, famiglie e insegnanti: l’uso delle nuove tecnologie e del divieto dell’uso cellulare a scuola. Ospite della puntata è stata Simona Michelon, docente all’istituto Dell’Acqua di Legnano, animatrice digitale, esperta di tecnologie didattiche e impegnata in un dottorato sulle nuove tecnologie e sull’intelligenza artificiale (IA). Con l’esperta abbiamo dialogato sulla nuova circolare del Ministro Valditara, entrata ministeriale ha esteso il divieto di smartphone anche alle scuole superiori e sulle opportunità offerte dalal didattica digitale.

Simona Michelon, come è stata recepita e applicata la circolare nelle scuole?

La circolare è una misura che nasce da un preciso disegno teorico: non si tratta di un “no” alla tecnologia, ma di un “no” al device personale. Il Ministero chiede agli studenti di mettere da parte il proprio telefono – che può essere fonte di distrazioni o usi impropri – e in cambio fornisce strumenti alternativi come tablet, computer di classe e laboratori digitali. Grazie ai fondi del PNRR, molte scuole oggi sono attrezzate e possono proporre un utilizzo consapevole e collettivo della tecnologia. Se nel 2017 il telefono era considerato un possibile strumento di apprendimento, soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado, con la nuova circolare si è scelto di estendere il divieto già in vigore alle medie, invertendo quella tendenza. Oggi l’attenzione si concentra più sulla qualità dell’ambiente educativo e sulla relazione in classe, anche per contrastare fenomeni come il cyberbullismo, che negli ultimi anni hanno assunto dimensioni preoccupanti.

LegnanoNews e VareseNews hanno lanciato un sondaggio a cui hanno risposto oltre 500 ragazzi lombardi. Il 90% ha definito il divieto inutile. Come commenta questo risultato?

È una reazione “di pancia”: per i ragazzi lo smartphone è un’estensione naturale delle mani, un “piatto preferito”.
Ma sono emerse anche riflessioni più mature: alcuni riconoscono che senza cellulare si socializza di più, altri chiedono alla scuola di insegnare come usarlo nel modo giusto. È un segnale importante.

Come educare i giovani a un uso consapevole delle tecnologie?

Come dicevamo, il divieto non basta. Dobbiamo insegnare loro, anche attraverso l’uso dei device messi a disposizione dalla scuola, come usare lo strumento in modo utile e appropriato. Per questo diventa fondamentale la formazione degli insegnanti. Molti colleghi non si sentono preparati o non hanno voglia di mettersi in gioco sul fronte digitale, e questo è un limite enorme. In tutti i convegni, in Italia e all’estero, si sottolinea lo stesso problema: serve un cambio di paradigma. Con il progetto Polo Life, per esempio, sono state formati oltre 1.100 docenti in tutta Italia, anche se la differenza la fa sempre la progettazione quotidiana che ciascun insegnante porta avanti in classe.

Parliamo dei ragazzi: sono davvero così “smart” come si dice?

Lo sono, ma in modo superficiale. I nostri ragazzi sono nativi digitali, ma spesso analfabeti funzionali quando si tratta di tecnologia. Un esempio: molti usano ChatGPT o altre piattaforme di intelligenza artificiale, ma senza sapere formulare una richiesta corretta, quindi ottengono risposte sbagliate e non imparano davvero.
L’uso consapevole va insegnato.

Quali vantaggi può portare la tecnologia alla didattica?

Ci sono tanti esempi virtuosi: maestre di scuola primaria hanno guidato i bambini nella creazione di testi e musiche con l’IA per uno spettacolo teatrale. In quel caso la tecnologia diventa un modo per giocare, creare e imparare, non per isolarsi.

Uno degli obiettivi dichiarati del Ministero è il recupero della socialità. Cosa ne pensa?

È fondamentale. Molti ragazzi oggi faticano a sostenere una conversazione o a fare una telefonata.
Il divieto dello smartphone in classe aiuta a riconnettersi nella realtà, a parlare, a guardarsi in faccia, a ridurre l’ansia da messaggio. Il ministro Valditara ha messo tra le priorità il benessere psichico e neurologico degli studenti, e credo che questa misura vada in quella direzione. Il tema, però, non riguarda solo la scuola. Le famiglie hanno un ruolo decisivo. Oggi i genitori sono gli stakeholder più in difficoltà, spesso non riescono a monitorare o a proporre alternative sane ai figli. È importante creare alleanze educative tra scuola, famiglie, comuni e associazioni del territorio. Solo così si può costruire una vera cultura del digitale consapevole.

In conclusione, lei condivide la decisione del Ministero?

Sì, la condivido. Credo sia una scelta coraggiosa e giusta, purché venga applicata con intelligenza e flessibilità. Oggi abbiamo gli strumenti per rendere questa norma utile, non punitiva: possiamo togliere lo smartphone, ma insegnare comunque la tecnologia. E questo, per me, è il punto più importante

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gea.somazzi@legnanonews.com
Pubblicato il 10 Ottobre 2025
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