“Amani”, a Gede in Kenya la speranza è una scuola per tutti

Una scuola africana a tutti gli effetti, con un programma governativo e docenti locali dalla massima professionalità, al fine di donare ai più piccoli un'opportunità concreta per inseguire un futuro migliore. Il sogno di Merisha for Kenya

amani for gede

“Amani”, uguale speranza. In Africa può sembrare una parola illusoria. A Gede, invece, non è una visione campata per aria, bensì concreta. Che tradotta in un’immagine è certamente una scuola, ma una scuola accessibile anche ai più poveri, ai bambini che rimangono ai margini di ogni possibile sviluppo. Coltivare le persone, gli uomini e le donne di domani, è il progetto che sta maggiormente a cuore a un’associazione piccola, ma dal cuore grande: Merisha for Kenya.

Dare forma ai sogni è più di una magia, è un esercizio meravigliosamente faticoso che deve partire dal basso: in empatia, arrivando dentro l’anima di un pezzetto d’Africa pieno di contraddizioni, voci belle e voci stonate, colori vivaci e toni grigi, profumi e odoracci, gioia e rabbia, bellezza e squallore, lacrime e sorrisi, meraviglia e ingiustizia. Senza giudicare, per dare forma ai sogni, bisogna tuttavia rimboccarsi le maniche e imparare a dialogare con quell’Africa lì.

Il mare, mamma che mare quell’oceano! Per la gente delle campagne è un miraggio, per i giovani un bancomat per turisti. Con la bassa marea, i “beach boys”, ragazzotti locali, escono più numerosi dei granchi: a caccia dei turisti e dei loro portafogli, di donne da corteggiare, di occasioni per parlarti delle isole, del mare, dei pesci, di ogni meraviglia vera o presunta, come i Casciabàll nostrani.

amani for gede

Per i contadini di Gede, il mare è un traguardo a est della miseria. A est sì, c’è Watamu che è una piccola rimini kenyana, fatta di tre strade, una marea di villette, residence, villaggi vacanze, quasi tutti gestiti da italiani. Al termine della strada che scende alla spiaggia, c’è un quartiere poverissimo, in cui va in scena molto spesso il teatro della solidarietà e della pietà, con procacciatori di turisti che coordinano un copione che ha molte repliche la giorno: ti raccontano delle loro fatiche, del loro vivere misero, ti portano ad acquistare una scatola di biscotti al doppio del prezzo reale, ti fanno camminare tra le capanne e richiamano i bambini che, ormai stanno al gioco: si mettono in fila, ti fanno la faccina dolce, tu regali loro un biscotto e loro se ne vanno sorridenti. Non è gran speculazione sulla miseria, è un’elemosina organizzata sotto forma di teatrino della pietà. È un modo per recuperare anche il minimo centesimo dal turismo, l’unica grande risorsa di questo tratto di costa keniana, a sud di Malindi.

All’interno, la strada principale è anche un interminabile mercato fatto soprattutto di bancarelle di legno improvvisate. Si vende quel che si riesce, da mattina a sera: oggetti di vario tipo, ma soprattutto frutta e verdura, quel che soprattutto le donne coltivano a casa, oppure riescono ad acquistare al mercato rionale e poi rivendere. Pomodori, manghi, banane, pesce essiccato, rape, qualcosa di verde e completare la tavolozza dei colori dei banchi, attorno ai quali è tutto un brulicare di popolo, spesso motorizzato. A dominare la strada, i mototaxi di svariate decine di giovani su cavalli d’acciaio datati, un po’ sgangherati, ma che mostrano come un lusso, frutto del progresso. Mototaxi e tuc tuc, in attesa a bordo strada, in attesa di corse e spiccioli.

La mattina, poi, ecco arrivare le jeep dirette ai resort degli italiani, pronti a caricare turisti per portarli dentro al Kenya, a vivere i safari nei grandi parchi. Lì, tra Gede e Watamu, non è l’Africa delle savane da poster. Il bestiario è un misto uomini e animali, con i pappagalli che fan rumore in cielo, le scimmie che vigilano sugli alberi, le mucche che trovi in libertà alla ricerca di qualcosa da brucare tra un distributore di benzina e una kibanda che cucina ali di pollo e riso. Donne con taniche in testa, alla ricerca dell’acqua, avvolte in abiti coloratissimi, a nascondere pelle d’ebano, come i loro sorrisi riescono sempre a nascondere la fatica del quotidiano, per colpa di nessuno, o forse di uomini e capre, che abbondano in egual misura, tra terra e mare.

Gede è più autentica verso l’interno, lontano dai turisti. Gede è la meta per chi vive nelle campagne, è la meta per persone che sfidano la siccità nei campi e qualche volta vincono la loro partita: vittoria a forma di frutti da poter vendere al mercato. E a colorare tutto ci sono soprattutto i bambini, tanti bambini, che ti accendono il cuore con sorrisi fatti di gratuita semplicità. Dovrebbero andare tutti a scuola, i bambini, ma molti non lo fanno, perché le famiglie più povere, non poche, non possono permettersi la retta per far studiare i figli: non cifre esagerate, ma per chi non ha niente, è già troppo.

La scuola di Merisha for Kenya è invece quasi gratuita. I genitori versano una cifra simbolica che corrisponde a una manciata di euro, il resto è tutto finanziato dalle donazioni italiane. Nella scuola di Gede, oggi ospitata in un’area precaria, i bambini studiano e, cosa non di poco conto, mangiano: un porridge mattutino e un pranzo africano. Sono 140 i bambini che vanno alla scuola di Merisha for Kenya. Dalla strada, a volte, li senti cantare a squarciagola, quando è l’ora dell’intervallo: il canto scandisce il ritmo dei giochi, se vuoi vedere quei bambini come in paradiso, regala loro una corda e la useranno per saltare per un’ora. Giochi antichi, gioie sincere. E quando è festa davvero, ecco un pallone in regalo, che scatena polverose partite di calcio, più affollate del mercato che c’è là fuori. Partite che sono più che altro corse sfrenate dietro a un pallone regalato, l’immagine concreta della piena libertà di un bambino africano. Il resto son dettagli, i calci al pallone sono spesso preceduti da scarpe che volano, perché ai bambini si fa calzare quel che c’è, anche roba di un paio di numeri in più.

amani for gede
A Gede, anche un semplice pneumatico usato regala ai bambini momenti di divertimento

La scuola di Gede è una scuola africana a tutti gli effetti, inquadrata secondo le regole keniane, secondo i programmi governativi, con insegnanti locali. L’associazione Merisha for Kenya coordina il progetto, li finanzia, ma non cala dall’alto un’idea di scuola. Si condivide tutto con volontari e docenti locali, persone preparate che scelgono questa scuola, la scuola dei più poveri, con la massima professionalità, con grande umanità. Le maestre di questi bambini sono delle seconde madri, quasi, o sembrano sorelle maggiori: orgogliose nei loro abiti sempre molto dignitosi. Orgogliose e sorridenti, perché la scuola è vita, è speranza concreta: si scommette sul futuro sapendo come vincere. Cinque classi, per bambini dai 5 ai 12 anni. E al termine dell’anno scolastico effettivo, si prosegue con il centro estivo, come in questi giorni.

amani for gede
Durante una lezione nella scuola di Gede

Amani for Gede, la scuola della speranza, nasce qui, tra le strade affollate e le campagne aride, tra i banchetti del mercato e le capanne dei contadini, molti dei quali non hanno avuto la possibilità di studiare, ma hanno la saggezza sufficiente per capire che i loro figli lo devono fare, per un futuro che ha bisogno di una buona semina per dare frutti generosi. Saggezza che manda a scuola i bambini, nonostante tutto e grazie a chi li aiuta. La speranza concreta di bambini mandati a scuola con poco o niente, con le scarpe di due numeri più grandi, e sotto braccio la saggezza dei vecchi proverbi. Uno di questi dice: “Se vuoi arrivare primo, corri da solo. Se vuoi arrivare lontano, cammina insieme”.

amani for gede

E così costruire una scuola nuova diventa un investimento sulle speranze di centinaia di famiglie povere. Per fare questo, l’associazione nata in Italia, ha dovuto trovare partner locali ed evolversi, diventando una Ong, organizzazione non governativa, riconosciuta dal governo kenyano. Questo passaggio si è reso necessario perché è il lasciapassare per poter acquistare un terreno sul quale costruire la scuola nuova.

Nei mesi scorsi, l’associazione ha individuato un terreno adatto al progetto. E ha intavolato una trattativa con l’anziano proprietario dell’appezzamento. Anziano contadino, questo proprietario, che dopo un lungo confronto ha compreso pienamente il valore di questo progetto. Ha rinunciato alla speculazione, cosa non scontata, per scommettere anch’egli sulla speranza. Gli adulti di domani, a Gede, hanno il terreno per crescere.

di
Pubblicato il 07 Novembre 2025
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.