È ufficiale: salta la prima di Serie A
La Lega rifiuta anche l'ultima proposta “ponte” dell'Aic considerata “un'inutile riproposizione del vecchio contratto”, Tommasi: “La Lega dice di no a prescindere”
È stato annunciato oggi quello che di fatto è uno sciopero dei calciatori di Serie A per la prima giornata che si sarebbe dovuta disputare in questo weekend. Il casus belli è il rifiuto da parte della Lega Calcio di firmare l’ultima proposta "ponte" dell’Aic (il "sindacato" dei calciatori): la Lega non l’ha accettata perché «è stata presentata per farsi dire di no. Si tratta di un contratto che non prende in considerazione i due punti a cui teniamo molto (articolo 4 e 7 del contratto ndr) – come spiega Maurizio Beretta, presidente della Lega di Serie A, ai microfoni di SkySport24 -. La verità è che i calciatori vogliono allenarsi tutti insieme appassionatamente e non vogliono accettare di pagare il contributo di solidarietà: per questo non parte il campionato». Durissimo Beretta nel definire la proposta dell’Aic: «Un’inutile manifestazione muscolare» e nel dire che «solo i calciatori sono responsabili di questo sciopero».
L’Aic ribadisce invece il proprio tentativo di collaborazione per evitare lo slittamento della prima giornata: «La Lega dice di no a prescindere. Ogni volta che davano l’impressione di essere sul punto di firmare tiravano fuori delle altre cose» così il presidente dell’Assocalciatori Damiano Tommasi. La posizione dei calciatori è la seguente: gli atleti chiedono di far allenare con il gruppo della prima squadra anche quegli uomini che non rienatrano più nei piani tecnici di allenatore e club, per evitare discriminazioni o azioni di mobbing. Inoltre si dicono disposti a pagare eventuali contributi di solidarietà nel caso in cui venissero approvati dal Governo.
L’impressione che deriva da questa estenuante trattativa di cui ancora non si vede il lieto fine è che ci sia in ballo una partita maggiore rispetto agli intoppi sul contratto collettivo. A confermarlo di fatto è lo stesso presidente di Lega che dice: «Sono tanti i presidenti di club di A che vogliono fare passi in avanti nella gestione delle società, cercando di renderle più moderne e più attente al bilancio di fine stagione». Anche il settore del pallone sta affrontando un periodo di difficoltà e l’eccessiva "sindacalizzazione" può essere letta come un ostacolo per la crescita di quelle che sono pur sempre aziende, con realtà e interessi che vanno oltre la partita domenicale. Lo sciopero però appare una decisione decisamente esagerata per due categorie (presidenti e calciatori) che non hanno certo i problemi della gente comune. Ora gli appassionati – primi e forse soli a essere penalizzati – sperano che si giochi a partire dalla seconda giornata ma la situazione è preoccupante: i due presidenti sembrano proprio non capirsi, anzi, sembra quasi che parlino due lingue diverse.
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