Guenzani, l’ingegnere alle prese con i conti
Intervista a ruota libera con il sindaco di Gallarate. «Penso che il primo impegno serio sia rimettere in ordine i conti senza i titoloni dei giornali. Il nostro obiettivo, in un momento così difficile, è garantire la sopravvivenza dei servizi e delle proposte culturali della città»
«È innegabile. In questi anni Gallarate è cresciuta tanto. Ma a che prezzo? Abbiamo consumato irrimediabilmente pezzi di territorio per incassare oneri di urbanizzazione e incamerare risorse. Il nostro territorio ha così pagato caro questa idea di grandezza delle precedenti amministrazioni».
Il tavolo è pieno di carte e l’ingegnere Edoardo Guenzani le guarda e le riordina con cura. Sono gli ultimi lavori del suo studio prima di staccare per qualche giorno di ferie.
Fino a qualche tempo fa, queste e la sua attività di volontariato erano i suoi impegni. I suoi concittadini hanno creduto che non bastasse e così da alcuni mesi la massima energia va all’amministrazione comunale.
«Penso che il primo impegno serio ora è rimettere in ordine i conti senza i titoloni dei giornali. Il nostro obiettivo, in un momento così difficile, è garantire la sopravvivenza dei servizi e delle proposte culturali della città».
Il lavoro non spaventa il sindaco Guenzani. «Ci sono abituato. In alcuni periodi per me lavorare anche sedici ore non è un problema. In questa prima fase dell’avvio dell’amministrazione ho dovuto impegnarmi molto per conoscere, approfondire, analizzare e cercare soluzioni ai problemi».
Quello che colpisce, oltre alla pacatezza e moderazione, è la sua capacità di tenere a mente numeri e situazioni precise. Una precisione nell’indicare le questioni tipica proprio di una mentalità ingegneristica dove a ogni problema occorre trovare una soluzione praticabile e verificabile.
«Prenda la Fondazione culturale. Questo è il massimo esempio degli sforzi che siamo chiamati a svolgere. Ci troviamo di fronte a un deficit enorme. La cosa più logica sarebbe bloccare tutto, ma non servirebbe a niente e sarebbe un ulteriore danno. Intanto però lasciando le cose così paghiamo costi ogni mese».

«Per prima cosa occorre riconoscere che è stato positivo realizzare tante strutture e iniziative in campo culturale, ma credo che queste siano bel sopra le possibilità della nostra città. Gallarate da sola non ce la fa a sostenerle anche perché gestirle ha un costo enorme. Le due fondazioni sono in grave difficoltà. Quella culturale non solo ha eroso tutto il fondo di dotazione, ma ha accumulato debito per quasi un milione e duecentomila euro, a fronte di crediti esigibili per poco più di trecentomila euro. Non c’è stato controllo nella spesa e alcune scelte, come quella delle assunzioni di sei persone, non erano assolutamente compatibili con il bilancio. Era passata la mentalità che comunque il Comune avrebbe ripianato i debiti, ma questo non è proprio possibile».
E quindi che succederà?
«Al momento è tutto nella mani della Provincia che è l’ente di controllo delle fondazioni. Attendiamo una relazione, ma il rischio che si vada verso la liquidazione è molto forte. Noi nel frattempo stiamo comunque predisponendo un piano per garantire una certa continuità nelle proposte culturali».
E il Maga?
«Anche qui ci sono delle criticità. Il fondo è stato eroso pesantemente e ne è rimasto un settimo. Dobbiamo mettere ancora diverse decine di migliaia di euro per fare almeno tre azioni sulla struttura del museo perché ci sono infiltrazioni d’acqua. Una parte dei lavori comunque saranno a carico dell’impresa che ha realizzato il progetto. Dobbiamo schermare i vetri perché la luce che entra potrebbe rovinare alcune opere e da ultimo va rivisto l’impianto di condizionamento perché non prevedere il sezionamento delle varie zone. Il Maga costa circa un milione e duecentomila euro all’anno».
Insomma un situazione davvero delicata…
«Il problema vero è che Gallarate da sola non può reggere questi costi. Per il futuro occorre muoversi in due direzioni: ridurre i costi ed estendere ad altri la partecipazione anche attraverso una diversa politica dell’utilizzo degli spazi. Pensiamo che senza fondere le varie strutture, si possa riunire alcuni servizi in un unico realtà. L’amministrazione è uno dei punti primari».
In questa prima fase del lavoro dell’amministrazione molta energia è andata alle nomine delle partecipate e di alcuni servizi. A che punto siete?
«Con le nomine del consorzio delle scuole materne abbiamo ultimato il lavoro. È stato faticoso, ma siamo molto soddisfatti perché noi non abbiamo operato con una logica di appartenenza, ma una di competenza».
Vorrebbe dire che i partiti non hanno condizionato le scelte?
«No, non è questo. Noi siamo una coalizione e le forze politiche chiedono una certa visibilità e penso sia anche giusto, ma i criteri che hanno ispirato le scelte non sono di carattere spartitorio, ma di una futura corretta gestione che parta dalle competenze».
Perché prima non era così?
«Non sta a me dirlo, ma quando sento parlare che noi agiamo con un sentimento di vendetta, penso non si conosca la realtà. Prendiamo il caso delle municipalizzate. Il ruolo di direttore generale non era mai stato necessario. Inoltre venne fatto un concorso fuori da ogni regola. Ridefinire questa situazione non mi pare proprio che sia una vendetta, ma una riduzione di costi che non si capisce perché debbano essere sostenuti dalla collettività».
A questo proposito come sono le cose ad Amsc?
«Abbiamo affidato a una società specializzata e riconosciuta a livello mondiale il compito di fare un’analisi dei bilanci che sono quasi tutti in deficit. Subentrare a chi ha gestito le aziende per dieci anni con logiche a volte discutibili non è facile. Per prima cosa abbiamo rinnovato tutti i vertici scegliendo persone competenti e che abbiano tempo da dedicare. La scelta è stata quella di non accorpare in poche persone i ruoli di responsabilità. Questo ci costringe a un maggiore lavoro in team, ma le cose stanno funzionando bene».
E per le altre realtà?
«Pur prestando attenzione ad alcune richieste delle forze politiche i criteri sono stati sempre quelli che citavo. Per esempio alla 3SG, più nota come Camelot abbiamo scelto Enrico Moresi che non ha una provenienza politica legata alla attuale maggioranza, ma lui è bravo ed ha una grande esperienza nel gestire strutture sanitarie. La stessa cosa vale per Filippo Proto al consorzio delle scuole. Nel Cda abbiamo due uomini e quattro donne».
Come sta andando con la Giunta?
«Sono contento e soddisfatto perché è una squadra compatta e con buone competenze specifiche. Grazie al lavoro e alla passione dei singoli assessori stiamo assumendo posizioni precise. Un esempio è Malpensa. Noi diciamo con chiarezza che nulla va fatto prima di conoscere quali sono i giudizi della VAS».
E con l’opposizione come va?
«Ci sono due distinti atteggiamenti. Da parte del Pdl c’è la massima attenzione perché si riconosca sempre che loro hanno lavorato bene e quindi c’è un atteggiamento di difesa del passato. C’è anche attenzione però ad essere propositivi e nei primi consigli comunali hanno presentato diverse osservazioni puntuali su problemi della città. La Lega è lì che osserva anche perché durante la campagna elettorale su diverse questioni c’erano convergenze e ora stanno guardando cosa facciamo prima di prendere posizione. Non ci sono pregiudiziali da parte loro».
Uno dei temi caldi sarà però ancora una volta il luogo di culto della comunità islamica…
«No vogliamo risolvere i problemi e non fare polemiche. Per il Ramadam abbiamo trovato una buona soluzione visto che ad Arnate non si poteva più stare. La tenda a Madonna in Campagna è una soluzione temporanea, ma intanto permetterà alla comunità di avere uno spazio idoneo. Al termine del Ramadam sistemeremo poi l’area per poterla usare per diverse iniziative a partire dalla sagra popolare “Rama di pomm”. La nostra attenzione è quella di far vivere bene tutti i cittadini a partire anche dalle piccole cose».
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