Dal rosa al giallo: “Voglio provare a vincere il Tour”
Dopo il successo al Giro, Ivan Basso rilancia: "Troverò avversari giovani e forti, a partire da Contador e Evans. Ma ho troppa voglia di correre in Francia e di fare bene: da domani studio il percorso"
C’è Ivan al centro di tutto, nell’immediato dopo Giro. Il tempo di ritirare maglia e coppa, di posare con gli splendidi compagni della Liquigas, di abbracciare in un colpo solo Micaela, Domitilla e Santiago, di salutare un’Arena di Verona pazza di gioia, poi Basso è davanti ai taccuini per raccontare le sue sensazioni rosa. Al suo fianco i vincitori di maglia, tre australiani ognuno con qualche radice nel Varesotto (Evans per la classifica a punti, Lloyd per quella degli scalatori, Porte il migliore tra i giovani) e l’eroe di giornata Larsson, un altro che ha vissuto e si allena in provincia.
Fatto, con una punta d’orgoglio, il punto del campanilismo, spazio all’uomo più atteso del ciclismo italiano che appare sereno come sempre, ma anche e finalmente disteso.
«Quello che provo ora è l’emozione covata in questi ultimi giorni che è diventata realtà. Mi viene anche difficile dopo così poco tempo rendermi conto di quello che sta succedendo, magari domani lo capisco meglio. Per ora mi tengo qualche immagine fantastica come l’ingresso all’Arena tra tutti i tifosi, l’abbraccio con i miei figli che mi aspettavano e, a proposito di bimbi, la notizia che sarò padre per la terza volta: lo so da poco, sono felice di averlo annunciato oggi».
I giornalisti però rompono presto gli indugi e costringono Ivan a guardare subito avanti, verso luglio e verso il Tour de France. «Vi giuro una cosa – spiega il campione di Cassano – ho a casa la cartina del Tour ma non l’ho ancora guardata, neppure una volta. So che parte da Amsterdam e arriva a Parigi, nient’altro: mi state dicendo voi che c’è una sola cronometro lunga e parecchia montagna, io non lo so. Quello che posso dirvi è che andrò in Francia perché ho voglia di Tour, mi voglio misurare con un campione del calibro di Contador che da quattro anni non perde una corsa a tappe e voglio ridare a quella corsa ciò che da essa ho ricevuto, ovvero tantissime emozioni. Poi posso anche non vincere, ma voglio provare a fare la mia corsa insieme a gente come questo ragazzo (sorride indicando Evans, seduto accanto a lui) che di sicuro non si tirerà indietro. So che Gimondi mi ha consigliato di non andare in Francia; Felice, come Alfredo Martini, è una persona con cui è bello parlare e confrontarsi. Lo sentirò senz’altro e ci spiegheremo le nostre ragioni ben volentieri».
Chiusa la parentesi gialla, si torna a pensare in rosa. «Credo sia stato un Giro bello e avvincente: c’è stato grande agonismo fin dall’Olanda, poi a Montalcino è arrivato il primo scossone. All’Aquila è successo un disastro, diciamo che così è aumentata l’incertezza, poi nel finale ho recuperato anche se vi assicuro che è più difficile inseguire che controllare».
Il discorso poi torna sulla famiglia e sulle persone che sono state vicine alla maglia rosa nella buona e nella cattiva sorte. «Vi racconto un aneddoto: uno dei momenti in cui ho desiderato tornare grande è stato quando ho visto il mio amico Sastre vincere al Tour. Carlos salì sul podio con i suoi bimbi: accanto a me c’era Domitilla che avevo portato lassù nel 2005 e nei suoi occhi ho visto la voglia di tornare su un palcoscenico simile. Trovare lei, Santiago e Micaela qui all’Arena è stato bellissimo, a loro e tanti altri devo molta riconoscenza ma non voglio elencare i nomi di quelli cui dedico la vittoria. Preferisco chiamarli uno per uno, e ringraziarli di persona».
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