Processo “re di Portogallo”, è tempo di schermaglie procedurali
Sentito G.T., editore novarese, "tiratosi fuori" appena in tempo per limitare i danni. Per la difesa del "principe di Braganza" Poidimani non sarebbero valide alcune testimonianze, fra cui quella del teste chiave Chiarelli
Fase di schermaglie procedurali nel processo a carico di Rosario Poidimani, pretendente al vacante trono di Portogallo come principe di Braganza (titolo ottenuto per lascito dalla precedente pretendente, donna Maria Pia), e dei coimputati Roberto Cavallaro, Ugo Gervasi e Fabrizio Bellora, tutti accusati di truffa e associazione a delinquere. Poidimani, che non ha praticamente saltato un’udienza, e Bellora erano presenti in aula.
Oggi è stato ascoltato G.T., giornalista ed editore novarese, in qualità di testimone: ma con i diritti di un imputato, incluso quello di non rispondere. Essendo stato infatti in passato indagato (posizione poi archiviata), secondo una sentenza delle Corte Costituzionale aveva diritto a tutte le tutele previste per gli imputati, visto che la sua posizione potrebbe, tecnicamente, essere riaperta, a differenza di chi è stato assolto o prosciolto da un giudice. Una questione molto sottile ma che ha messo sulle spine il testimone, per qualche istante convinto di essere ancora “imputato”. Così è stato necessario rintracciare "al volo" un avvocato d’ufficio. L’aspetto non è del tutto secondario, perchè anche altri testimoni, fra cui quello chiave, Emiliano Chiarelli, erano stati nella posizione di indagati durante le indagini condotte all’epoca dal pm Polizzi (ora a Milano). A fine udienza il pm Gaglio ha riposto la questione, chiedendo di risentirli nelle forme dovute, possibilità negata dal giudice Novik. E ora la difesa del Poidimani curata dall’avvocato Mario Allegra batte su questo tasto, sostenendo che la testimonianza del Chiarelli non sia più valida. Quanto al pm, ha chiesto anche la trasformazione del sequestro dei documenti diplomatici della “Real casa” da probatorio a preventivo, visto che a suo avviso la richiesta di dissequestro avanzata dalla difesa configurava una reiterazione dei reati contestati, né più ne meno.
Al di là di queste complesse questioni in punta di diritto penale, la testimonianza di G.T. è stata essenzialmente a carico di Roberto Resini, l’ex direttore della filiale Carige di Gallarate, e di F.M., personaggi che hanno già patteggiato le rispettive pene. L’editore era venuto a conoscere il Resini aprendo un conto corrente, e da questi era stato introdotto all’istituto di relazioni diplomatiche internazionali (IIRD) e alla Real casa, stringendo rapporti proprio con F.M. e Gervasi, descritti da G.T. come personaggi agli antipodi: tanto "arrogante e ‘tutto lui’” il primo quanto "signorile e con interesse e idee forti anche per il campo della stampa" il secondo. Prospettatigli conoscenze altolocate e la possibilità di fare incontri utili per la sua attività, i due lo convinsero che diventare “diplomatico”, con le realtive immunità e privilegi, poteva essere un buon affare. Così G.T. emise 150.000 euro in assegni per entrare a far parte del corpo diplomatico, oltre a sborsare altri cinquemila euro per la relativa speciale carta d’identità; altri cinquemila furono poi prelevati da Resini come "spese" dal conto fatto aprire in seguito a G.T. Un altro conto era stato fatto aprire anche alla compagna di lui per giustificare l’erogazione di fidi per centomila euro (50mila a lui, 50mila a lei) a copertura parziale delle “spese d’accesso” all’istituto. Dati i buoni rapporti con Gervasi il teste si sentiva però attratto verso rapporti diretti con la “Real Casa” di cui il Gervasi era “console”. G.T. potè così incontrare “dom” Rosario Poidimani un paio di volte nella sua fastosa “reggia” di Vicenza e una volta a Palermo per un convegno cui la Real casa partecipò al gran completo, onorata e riverita in mezzo a fior di autorità pubbliche di vari Stati del Mediterraneo, inclusi, parole di G.T., “colonnelli di Guardia di Finanza e Carabinieri” che mostravano deferenza al Poidimani. Convinto da questo spettacolo, G.T. non aveva più dubbi. Le cose però si misero rapidamente male.
Il novarese aveva ormai in animo di aprire nella sua città un "consolato" del “principato di Braganza” del Poidimani, da lui descritto, con involontaria comicità, come "il presidente delle real casa" (sic) e la figura cui tutto faceva capo. Si rivolse così ad una immobiliare, anticipando degli assegni; altri quattro, per 40mila euro, gli furono chiesti dal Resini in vista dell’attivazione di un altro mutuo che poi non si materializzò. Dopo tentativi attraverso Gervasi, da cui riuscì (caso unico) a farsi rendere 70mila del 150mila euro già versati in assegni per entrare nell’istituto diplomatico, e aver recuperato quanto anticipato all’immobiliare, G.T. andò dritto in Questura a sporgere denuncia contro il direttore di banca: era l’agosto del 2005. Gli rimase un grosso scoperto: non appena Resini fu rimosso, la Carige gli chiese di rientrare, e buon per lui che aveva già ripianato i 50mila euro della compagna.
Il prossimo 24 settembre alle 15 si riprende con altri testimoni.
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