A Curiglia il Circolo Acli è piazza e casa: qui i soci superano gli abitanti
Nel cuore della Val Veddasca, il circolo Acli "S. Vittore" di Curiglia è un luogo di incontro dove la comunità si ritrova per mantenere vive le tradizioni, organizzare eventi e rispondere alle esigenze del paese. Una storia che continua a crescere

La quarta tappa del nostro tour alla scoperta delle Acli del Varesotto, dopo Ispra, Bergoro e Caronno Varesino ci porta a Curiglia.
Qui troverete tutte le puntate del nostro reportage
Curiglia è un borgo montano che profuma di legno e silenzio, situato nel cuore della Val Veddasca, a pochi chilometri dal confine svizzero. Poche case, una piazza che si riempie nei mesi estivi e il ritmo lento di chi vive in altura. Ma la cosa curiosa è che, nonostante i suoi poco più di cento abitanti ‘stabili’, il circolo Acli del paese conta tra i 120 e i 130 soci, con diversi residenti fuori dal comune.
«Saremo tra i 120 e i 130 soci – racconta Silvio Pitturito, 30 anni, presidente del circolo dal 2024 – mentre gli abitanti fissi ormai sono un centinaio. Questo vuol dire che anche chi abita lontano continua a sentirsi parte di Curiglia: la tessera è un modo per dire io qui ci sono ancora».
Una storia di paese
Il Circolo Acli “S. Vittore” di Curiglia nasce negli anni Sessanta per volontà degli abitanti stessi. All’epoca il paese era più popolato, c’erano altri bar e più attività. «Si voleva però un luogo diverso, non solo per “bere” – spiega Pitturito – ma radicato nei valori cristiani e nella comunità».
Col passare del tempo poi il circolo è stato capace di adattarsi e trasformarsi, seguendo l’evoluzione della società e delle persone che lo frequentano. Dalle partite di scopa di un tempo si è passati alle serate danzanti in piazza con l’orchestra, ai karaoke e alle tombolate che oggi coinvolgono anche i bambini. «Mi ricordo quando ero piccolo – dice il presidente –: si ballava fino a tardi, con il palco montato in piazza e tutta la gente del paese che partecipava».
Eppure, nonostante i cambiamenti, varcare oggi la soglia del circolo significa ritrovare ancora l’anima del paese. La sala principale, con le pareti colorate e i tavoli in legno, è pensata per accogliere tutti: dai tornei di calcio balilla e ping pong ai pomeriggi di carte. Poco più in là, il bancone del bar con i suoi scaffali ricolmi di bottiglie, i trofei, le foto e i cartelli scritti a mano: dettagli che parlano di una vita quotidiana semplice ma viva, scandita da feste, chiacchiere e momenti di condivisione.
La memoria di don Giorgio
Una delle figure più significative per il Circolo è stata senza dubbio quella di don Giorgio Ferrario, parroco del paese scomparso nel febbraio 2024. Per molti abitanti, la sua presenza aleggia ancora tra le mura del circolo e nella piazza di Curiglia. Non era solo il sacerdote: era la persona che teneva insieme tutto.
«Era lui a tenere le chiavi, ordinare le patatine, gestire ogni dettaglio. Se c’era un problema bastava bussare da lui» racconta Pitturito. Dalla gestione delle feste alla cura dei più piccoli, don Giorgio era punto di riferimento per ogni necessità: un uomo capace di costruire comunità con gesti semplici, mai appariscenti ma fondamentali.
Il suo amore per il paese è visibile anche in opere che restano come testimonianza, dall’affresco sulla chiesa di Curiglia (nella foto sopra) ai segni disseminati nella chiesa e lungo i sentieri della valle.
Don Giorgio teneva insieme tutto. Oggi apriamo le stesse porte, con la stessa fiducia
Il circolo oggi non ha orari di apertura fissi. Chi ha le chiavi può aprire, servire e richiudere: una gestione “smart” basata sulla fiducia reciproca. «Se qualcuno ha voglia di un aperitivo – spiega Pitturito – ci si scrive in chat, ci si trova in piazza e in pochi minuti si è insieme. Qui funziona così da sempre».
Questo spirito di fiducia non è scontato. Lo si respira nelle sere d’estate, quando ragazzi e adulti si ritrovano per una birra e due chiacchiere, e nei mesi invernali, quando le tombolate di Santo Stefano o della Befana diventano occasione per rivedersi tutti.
Le feste che scandiscono l’anno
Il calendario segue il ritmo delle stagioni e delle tradizioni di paese. In estate la festa dell’Alpone riunisce volontari e parrocchia per giorni di lavoro: tavoli da portare, pentole da caricare sui trattori, spese da fare insieme. A settembre arriva la sagra del paese, con la storica cinghialata. Poi ci sono la castagnata dopo la processione dei morti, i tornei di scopa e calcio balilla, i carnevali per bambini e le serate di karaoke che hanno sostituito i vecchi balli con orchestra.
In un posto piccolo come questo, il circolo è casa. È l’unico vero punto di ritrovo: se sei di Curiglia, prima o poi passi di qui
Non mancano momenti di utilità sociale: corsi di primo soccorso, formazione per l’uso del defibrillatore donato al paese, incontri su temi comunitari. «Ci muoviamo in base a ciò che serve – continua il presidente–: se c’è una necessità, il circolo risponde».
Circolo e chiesa sono strettamente intrecciati. Molti volontari fanno parte di entrambe le realtà e collaborano naturalmente alle feste patronali e alle iniziative parrocchiali. «Chi fa parte del circolo – dice Pitturito– di solito aiuta anche in chiesa: quando serve, c’è chi porta i tavoli, chi cucina, chi prepara la piazza. Non serve neanche chiedere».
Generazioni che si incontrano
In un paese che ha visto diminuire residenti e villeggianti, il circolo riesce ancora a unire bambini, giovani e anziani. «Non è scontato – sottolinea il presidente –: altrove i giovani non partecipano più. Qui invece sì, perché il circolo resta l’unico punto di ritrovo vero. Se sei di Curiglia, farne parte è naturale».
Negli anni è cambiato anche il modo di vivere l’estate: «Quando ero piccolo la piazza era piena da giugno a settembre – ricorda –. Oggi i villeggianti sono meno, ma quelli che tornano portano ancora vita e partecipano alle feste».
Guardare avanti significa preservare ciò che c’è e adattarlo ai tempi. «Speriamo di continuare così e migliorare – dice Pitturito –. Non è facile stare al passo con la società, ma se riusciamo a mantenere questo spirito di comunità, abbiamo già vinto».
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