Dalla “chiamata” alla “Caverna”: tutte le tappe del viaggio del tennista

Ogni sportivo deve sempre affrontare delle prove, trovare alleati, mentori, affrontare antagonisti. Il tennis offre costantemente questo metodo di crescita, ma quali sono le tappe?

viaggio del tennista

Antagonisti, mentori, ricompense, elisir e molto altro. Sono tutte tappe o situazioni di un normale viaggio narrativo, che sia un libro, un film o, metaforicamente, la vita stessa. E come abbiamo visto negli articoli dei giorni scorsi, i tennisti, in una singola partita o nella loro carriera, si trovano spesso ad affrontare queste tappe. Anche se magari non lo sanno.
Il tennis infatti non è solo sport. È racconto. E ogni racconto ha un protagonista, degli ostacoli, un cambiamento. Ogni partita è una storia, e ogni carriera è un viaggio. Le sfide non sono solo fisiche o tecniche: sono emotive, simboliche, trasformative. Chi entra in campo non resta mai lo stesso. E ciò che accade fuori dai punti giocati, spesso, è ciò che conta davvero.

Quello che però ci interessa maggiormente è l’arco di trasformazione di chi vive una propria avventura, una propria narrazione. In sintesi si tratta dell’evoluzione che il protagonista compie nelle storie, perché l’apprendimento genera esperienza. In questo caso, parliamo del viaggio che percorre lo sportivo nel corso della propria vita, o meglio “il viaggio del tennista”. Come ha più volte dichiarato Jannik Sinner nelle sue interviste, “o si vince o si impara”, facendo tornare alla ribalta, applicata al tennis, la frase di Nelson Mandela che era più genericamente riferita alla vita, alla persistenza delle proprie azioni: “Io non perdo mai. O vinco o imparo”.
È un concetto che suggerisce di non considerare il fallimento come una sconfitta, ma piuttosto come un’opportunità di apprendimento e crescita. Implica che, anche se non si raggiunge la vittoria, si possa comunque trarre un valore dall’esperienza, acquisendo nuove conoscenze e competenze. 

Lo vediamo oggi, ad esempio, nella traiettoria incrociata di Alcaraz e Sinner. Per un anno, il primo ha inseguito: risultati, classifica, fiducia. Il secondo, apparentemente in vantaggio, ha lavorato per mantenere lo status di numero uno. Alcaraz si è allenato sapendo che doveva prepararsi esclusivamente per battere Sinner. E i risultati sono arrivati. Adesso è il tennista italiano a dover inseguire, puntando a migliorare quel qualcosa che potrebbe dar fastidio all’avversario. Una nuova sfida: personale, tecnica, sportiva e mentale.

Ora che i ruoli si sono invertiti, entrambi si trovano a una nuova tappa del loro viaggio. Entrambi in ruoli diversi in quella possibile mappatura che è il “viaggio del tennista”. Ma quali sono le tappe di questo viaggio? Come le possiamo suddividere applicando le teorie della narrazione al tennis?

viaggio del tennista

Ecco le tappe principali, riferite a una carriera:

  • La chiamata all’avventura: ogni tennista ha un inizio, un momento in cui scopre il richiamo del campo. È spesso precoce, istintivo, come un destino che si impone.
  • Il rifiuto e l’accettazione: inizialmente possono esserci dubbi, resistenze, pressioni esterne. Alcuni hanno dovuto più volte mettere in discussione la loro vocazione a causa degli infortuni. Ma poi arriva l’accettazione: si sceglie di partire.
  • L’arrivo del mentore: qui entrano in scena gli allenatori, le figure chiave. Per Federer fu Peter Carter, per Nadal lo zio Toni. Figure che trasmettono valori, tecnica e direzione.
  • Il superamento della prima grande prova: il primo torneo importante, la prima vittoria contro un top player. È la conferma, il momento in cui l’eroe inizia a credere in sé.
  • La definizione di alleati e avversari: la rivalità con l’altro è parte integrante del viaggio. Pensiamo alla straordinaria opposizione tra Federer e Nadal, due stili, due mondi, due percorsi che si sono definiti l’un l’altro.
  • L’avvicinamento alla caverna più recondita: nella carriera è il momento di crisi profonda. L’infortunio, la depressione, al sindrome dell’impostore, oppure una lunga serie di sconfitte. Per Andy Murray, l’operazione all’anca fu la sua “discesa negli inferi”.
  • La prova centrale: il ritorno. Dimostrare a sé stessi di poter ancora competere. Il match vinto dopo mesi di stop, o quello perso ma combattuto fino alla fine.
  • La ricompensa: è la gloria sportiva, certo, ma anche il rispetto. Alcuni, come Borg, hanno lasciato presto. Altri, come Agassi, hanno vissuto due carriere in una.
  • La resurrezione e la conquista della coppa: non sempre si tratta di un torneo importante (come uno Slam). A volte è solo un match vinto davanti alla propria famiglia, o la certezza di aver lasciato un segno. È il momento della piena trasformazione.

Queste tappe non sono rigide. Alcune si ripetono, altre si saltano. Ma tutte raccontano qualcosa. Un tennista, o ogni protagonista, in genere non sa di essere dentro questo viaggio, non riesce a collocarsi in questa linea esperienziale. Conoscerlo, oppure fare proprie queste tappe, può aiutare a sapere che oltre le difficoltà esiste qualcosa: un’altra tappa, un altro mondo, un’altra scelta. Tutto per poter cambiare, per poter evolvere.
Nei prossimi articoli esploreremo una per una queste tappe, attraverso esempi, storie, crisi e rinascite. Non necessariamente in modo lineare. Perché il tennis, come ogni grande narrazione, è un viaggio. E ogni viaggio ha le sue personali tappe.

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Manuel Sgarella
manuel.sgarella@varesenews.it

 

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Pubblicato il 12 Ottobre 2025
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