“Non si chiamano gite, ma pellegrinaggi”: la lettera di Ester De Tomasi alla ministra Roccella
La figlia di un deportato politico risponde con fermezza e commozione alle parole della ministra sulla visita ai campi di sterminio
«Non posso credere alle parole riportate dalla stampa riguardanti le “gite” al campo di sterminio di Auschwitz». Inizia così la lettera aperta di Ester Maria De Tomasi, presidente dell’Anpi Provinciale di Varese e figlia di Sergio De Tomasi, deportato politico sopravvissuto al lager di Gusen, sotto-campo di Mauthausen.
Una risposta, netta e sentita, alle dichiarazioni attribuite alla ministra Eugenia Roccella, che nei giorni scorsi avrebbe definito le visite ad Auschwitz come “gite scolastiche”. Un’espressione che ha suscitato sdegno e dolore in chi ha vissuto – direttamente o attraverso la testimonianza familiare – il dramma della deportazione.
“Non gite, ma pellegrinaggi”
Per Ester De Tomasi, da anni attiva nella memoria pubblica e nelle testimonianze scolastiche, non c’è spazio per ambiguità o leggerezze: «Nel mio decennale peregrinare nelle scuole – scrive – ho sempre definito quei viaggi “pellegrinaggi”. Non sono gite: sono momenti di riflessione, di raccoglimento, di ascolto e di rispetto per le vittime».
Poi l’appello diretto: «Spero che lei voglia riflettere. E riflettere significa anche chiedere scusa: alle madri che non hanno rivisto i figli, alle mogli che hanno atteso invano i mariti, alle famiglie spezzate da quella ferocia. Alle ceneri disperse nel vento, che non sono mai tornate a casa».
Il ricordo dei deportati e il dovere della storia
Il testo tocca con forza anche la condizione dei sopravvissuti, spesso dimenticati o messi a tacere al rientro:
«Chiedere scusa anche a chi è tornato, segnato per sempre, e spesso emarginato. La storia ci deve insegnare che fascismo, nazismo, brutalità e indifferenza hanno permesso lo sterminio. Non travisiamo quella storia, non difendiamo chi l’ha resa possibile».
Nelle righe finali, De Tomasi ricorda la sua missione personale: «Non finirò mai di raccontare le sofferenze inenarrabili patite dai deportati: ebrei, politici, omosessuali, religiosi. Ogni volta mi commuovo. Dovrebbe commuoversi anche lei, ministra per la famiglia, pensando alle migliaia di famiglie assassinate ad Auschwitz».
Una memoria che non si spegne
La firma è quella di una figlia: Ester Maria De Tomasi, «figlia di Sergio De Tomasi, deportato politico “Triangolo Rosso” a Gusen, matricola 82542». Un nome, un numero, una memoria che non può e non deve essere archiviata come “una gita”.
Lettera aperta alla Ministra Roccella
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