Focus sui film di sabato 5 agosto
Le pellicole che hanno particolamente rappresentanto la terza giornata del festivaldi Locarno
Nomad di Ivan Passer e Serghei Bodrov, Khazakhstan 2006, coprodotto da Milos Forman e fortemente voluto dal discusso presidente Khazakho Nursultan Nazarbayev passerà alla storia come il primo grande film prodotto nella Repubblica ex Sovietica dell’Asia centrale dopo “Ivan il terribile” realizzato decenni or sono dal genio di Eisenstein.
Un kolossal “hollywoodiano” a cui, se non è lecito prevedere la vittoria del Prix du Public che sembra essere già guadagnata dallo svizzero “Die Herbstzeitlosen” più volte interrotto dagli applausi venerdì sera, si può certamente pronosticare, e augurare, un successo di pubblico considerevolissimo nella prossima stagione.
Impreziosito da una fotografia spettacolare, resa possibile da una cornice naturale meravigliosa e impressionante, completato dalla splendida colonna sonora “Italo – Khazaka” di Carlo Siliotto, Nomad racconta con gli, accenti dell’epica, la genesi della moderna nazione Khazakha.
Il racconto, ambientato in un diciottesimo secolo che ricorda però il medio evo, si muove tra storia e leggenda, rispettando scrupolosamente la prima e dipingendo di forti emozioni la seoconda.
Un profeta predice la nascita di un bambino, discendente di Gengis Khan, che unirà i clan Khazakhi contro i loro nemici, gli Dzungar, e porterà di nuovo la nazione all’unità e alla prosperità.
Il bambino nasce ma deve essere nascosto fino alla maggiore età per evitare che sia vittima dei nemici, viene però addestrato da un saggio maestro ( Jason Scott Lee, lo ricorderete in Rapa Nui), raggiunta l’età adulta il principe Mansur si scoprirà imbattibile guerriero e, al termine di atti tragici ed eroici che tengono il pubblico incollato alla sedia per tutta la proiezione, riscatterà il suo popolo diventando Iblai Khan, monarca giusto e amato ( anche se la storia ci dice non longevo, i Russi erano alle porte e non combattevano solo con spade e pugnali).
Il film si riassume qui, anche se la storia d’amore che s’intreccia alla trama è sviluppata anch’essa in modo toccante e originale; L’epica abbinata alla confezione perfetta fanno sempre effetto sul pubblico e, in questo caso, il fatto non deve dispiacere: il festival si è allontanato di nuovo dall’Engagè ma lo ha fatto con un anteprima mondiale di grande effetto e qualità.
La Rabia del cileno Oscar Càrdenas è invece l’esatto opposto del Kolossal Di Bodrov e Passer,
parliamo infatti di un film realizzato in pochi giorni, con audio in presa diretta, telecamera a spalla e interpreti per lo più non professionisti.
Il regista infatti, dovendo trovare giovani donne che interpretassero disoccupate alle prese con colloqui di lavoro, non ha esitato a reclutare autentiche disoccupate e a sottoporle a colloquio…
La qualità video e audio del film è pessima, la narrazione procede lenta e con pochissimi slanci, tutto abbastanza normale per un film prodotto con un budget che, probabilmente, non sarebbe bastato al regista acquistare una Panda e, probabilmente, la buona metà di pubblico che ha abbandonato la proiezione prima del termine deve anche avere pensato che Càrdenas avrebbe fatto meglio a fare giusto questo acquisto piuttosto che perdere tempo col cinema.
Errore! Perché il finale del film non solo sorprende il pubblico e rimette in discussione buona parte di quanto già visto ma rovescia completamente l’interpretazione del significato del film così come era apparsa durante la proiezione.
Una sorpresa ovviamente non si può svelare ma si può almeno dire che essa giustifica un po’ di noia in qualche passaggio anche se, va pure aggiunto, con gli scarsi mezzi a disposizione Càrdenas riesce comunque a confezionare una serie di sequenze dove, col solo cambio di inquadratura, riesce magistralmente a mutare la focalizzazione e l’oggettivazione del racconto, facendoci passare di volta in volta da un punto di vista neutro alla soggettiva di uno dei personaggi, all’oggetivo del documentario.
Non possiamo non augurarci che il prossimo film di Càrdenas sia sostenuto da energie finanziare più all’altezza del valore del realizzatore.
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