«Gli intellettuali non parlano inglese»

Un articolo, sul Sole24ore di domenica scorsa, descriveva impietosamente il mondo intellettuale italiano. Che cosa ne pensa Virgilio Melchiorre, professore di filosofia teoretica all'università Cattolica di Milano?

Nel "contrappunto" ("E se l’intellettuale ogni tanto studiasse"), apparso sul Sole24ore di domenica scorsa, Riccardo Chiaberge ricordava ai lettori quanto malmesso fosse il mondo degli intellettuali italiani. Non considerati all’estero e poco tradotti, senza guizzi innovativi, incapaci di uscire dall’angusto dibattito postbellico, invisibili nelle biblioteche e ai congressi scientifici internazionali, ma affezionati ai padroni della politica e sempre pronti a lustrare «lo scettro a’ regnatori».
Una sferzata che ha lasciato il segno nel mondo accademico, perché non appena si accenna a quell’articolo, Virgilio Melchiorre, professore di filosofia  teoretica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presidente del comitato scientifico che presiede il Comitato scientifico del Centro studi filosofici di Gallarate, sorride amaro. 
Professore, è questa la fotografia del mondo degli intellettuali italiani?
«C’è una parte di verità. Chiaberge ha ragione quando parla dell’isolamento degli intellettuali italiani, dovuto, secondo me, al primato della lingua inglese nella cultura europea. E la Spagna non è messa meglio dell’Italia. Per quanto riguarda la filosofia, il quadro non è così disastroso: c’è uno scambio reale e proficuo con l’Inghilterra, un po’ meno con Francia e Germania. Noi abbiamo un primato in Europa che è quello delle traduzioni, mentre i francesi traducono poco, sono molto nazionalisti. I tedeschi, invece, sono molto tradotti anche in virtù della loro grande tradizione filosofica. Pochi paesi però hanno una elaborazione scientifica di storia della filosofia come l’Italia».
Uno dei nodi cruciali della questione è legato alla ricerca, senza la quale non si puo’ essere competitivi nel mondo della cultura. 
«In Italia la ricerca non è stata aiutata dai vari governi che si sono succeduti nel tempo. Nel campo delle scienze umanistiche si è arrivati ad una situazione paradossale con la riforma e  l’autonomia economica delle università. Se una facoltà scientifica puo’ trovare risorse e sponsor nell’industria privata, perché più appetibile per le stesse industrie, lo stesso non puo’ dirsi per quelle umanistiche. Una facoltà di lettere classiche che ha quindici iscritti in un anno e deve mantenere un apparato di almeno 20 professori, dove trova le risorse necessarie? O la collettività se ne fa carico, oppure le facoltà umanistiche sono destinate a morire».


Tutti gli eventi

di gennaio  a Materia

Via Confalonieri, 5 - Castronno

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 19 Settembre 2003
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.