«Togliamo la Resistenza dal piedistallo»

Un nuovo libro di Franco Giannantoni sulla cattura e la morte di Walter Marcobi. A tradire fu un partigiano gappista

morandi chiesa anpi

«A tradire Walter Marcobi fu Gianfranco Corradi, un suo compagno partigiano. Questa è la verità». A sessant’anni dai fatti “dell’ottobre di sangue” varesino, che costò la vita a 15 partigiani tra cui il comandante della 121ma brigata Garibaldi-Gap, esce un nuovo libro di Franco Giannantoni (Comandante “Remo”, arrendetevi!“, Arterigere- Essezeta edizioni) che ricostruisce la storia della cattura e della morte di Walter Marcobi, rivelando una verità per molto tempo dimenticata o volutamente taciuta. (nella foto, in primo piano Renato Morandi e Angelo Chiesa)

Quella di Giannantoni è un’operazione critica e non una resa dei conti. La presenza nella libreria Croci, nel giorno della presentazione, del presidente provinciale dell’Anpi, Angelo Chiesa, di Renato Morandi, un ex eccellente dell’Associazione nazionale partigiani e del Pci, e della moglie del comandante Claudio Macchi, il quale subentrò a Walter Marcobi nel comando della 121ma, ne sono la riprova.«La Resistenza – continua Giannantoni – è rimasta per anni ingessata nel mito e non è stata considerata nella sua vera dimensione: una lotta di uomini e di donne con la loro grande forza, ma anche con la loro debolezza umana. Abbiamo sempre visto la 121ma brigata come qualcosa di eroico. A tradire quei 12 ragazzi fu un loro compagno, che, sotto le torture dei nazifascisti, parlò. A Corradi, tornato in Italia, fu risparmiata la condanna da Claudio Macchi e L’Anpi, in seguito,  gli dedicò la sezione di Malnate. C’è uno sfondo di umanità che va tenuto in considerazione. Questa è la verità».

La moglie del comandante Claudio Macchi annuisce alle parole di Giannantoni. Chiesa e Morandi ascoltano attenti, uno accanto all’altro, separati solo da una piccola ma amara verità. «Non si puo’ rimanere nel vago – sussurra Morandi – La via da prendere è quella della verità, come già avevamo fatto con la storia dei partigiani Gianna e Neri e dell’oro di Dongo. Rimanere nel vago significa favorire la non verità. Se avessimo detto subito qual era la verità sull’oro di Dongo, avremmo potuto anche dire la verità su Mussolini: un capo di Stato morto senza dignità, che cercava di fuggire con i soldi degli italiani e con l’oro ricavato dalle fedi delle donne italiane. Invece la non verità ha alimentato le speculazioni».

Il recupero dei valori che erano alla base della lotta di liberazione e l’annullamento della distanza con le nuove generazioni passano, dunque, necessariamente dalla verità.
“L’ottobre di sangue” non fu solo la vicenda tragica di Marcobi e dei suoi uomini. Franco Giannantoni, con questo libro, riporta alla luce altre vicende parallele e drammatiche quanto quella della 121ma brigata. Dentro quella tragica stagione ci furono storie terribili come la caccia forsennata agli ebrei, in cui si distinsero funzionari delle questure, delle prefetture e degli uffici comunali. «Si potrà dire tutto questo? – s’interroga Giannantoni-. Si potrà finalmente dire che la Cariplo fu cassiera dei beni sequestrati agli ebrei e che alla fine gli presentò pure il conto degli interessi per la gestione di quei beni? Si potrà dire che all’epoca i podestà e i numerosi funzionari pubblici della nostra provincia lavorarono e si prodigarono per aiutare i tedeschi nella cattura degli ebrei, che cercavano una via di scampo in Svizzera?».

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Pubblicato il 10 Ottobre 2004
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