Cambia l’operatore telefonico, in realtà è una truffa
Due aziende di Gallarate e una del Novarese nella rete della Guardia di finanza, che ha smascherato un giro di finti contratti di passaggio da un gestore all’altro senza che i clienti se ne accorgessero. Diecimila i truffati
Facevano cambiare operatore di telefonia al cliente, ma a sua insaputa. Firme false che venivano poste in calce a contratti fasulli con lo scopo di ottenere indebiti compensi da un primario gestore telefonico a cui erano legati da un contratto di agenzia. È finita con un’inchiesta della guardia di finanza l’attività truffaldina, secondo gli inquirenti, di due aziende di Gallarate e una attiva nel Novarese.
L’attività investigativa è partita da una segnalazione del Garante della privacy. L’Autorità aveva raccolto le segnalazioni di alcuni utenti che lamentavano irregolarità. Da qui le indagini della Guardia di finanza che hanno permesso di smantellare un gruppo criminale dedito ad un consolidato sistema di truffa, basato sull’utilizzo illecito di migliaia di dati anagrafici di cittadini inconsapevoli. Le indagini sono durate oltre un anno; titolare il sostituto procuratore della Repubblica di Busto Arsizio, Roberto Pirro.
Il giro smantellato operava così: le tre società avevano in concessione da un operatore telefonico – Telecom Italia – la possibilità di raccogliere contratti e “passaggi” da clienti di altri gestori allo scopo di percepire compensi per ogni nuovo utente. Per farlo gli uomini delle Fiamme Gialle hanno verificato che le società producevano ed inoltravano, all’insaputa dei clienti, migliaia di richieste di migrazione, dagli operatori originali, verso il gestore da cui erano legati da un contratto di agenzia. Nel corso delle indagini, sono stati esaminati migliaia di contratti dei quali quasi 10000 sono risultati palesemente falsi. C’erano firme finte e addirittura risultate fotocopiate da documenti originali e poi incollate con il nastro adesivo in calce alle richieste stesse. Gli utenti venivano poi contattati da operatori di call-center o da incaricati delle tre società, per richiedere al cliente sia i dati anagrafici sia gli estremi del proprio documento di riconoscimento.
Queste aziende chiedevano poi i rimborsi, per ogni contratto di migrazione, alla società per la quale lavoravano, Telecom Italia, che in questa vicenda è parte lesa a tal punto che avrebbe subito una truffa che si aggira attorno ai 2 milioni di euro.
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