Elia Luini, l’addio amaro di un campione-simbolo

Il quattro volte iridato dice basta. «Troppi bastoni tra le ruote in questa Nazionale. Lascio con tante gioie e con la maledizione dell'oro olimpico»

elia luini canottaggio

Il primo sfogo, a un sito specializzato, è stato carico di toni polemici. Ora invece prevale l’amarezza nella voce di Elia Luini. Dimenticatevi la politica, che lo vedrà protagonista alle amministrative di Varese, questa è una pagina solo di sport. Una pagina che segna in qualche modo la fine di un’epoca per la nostra provincia: Elia Luini, il canottiere più forte e celebrato della terra dei laghi, dice basta con l’attività agonistica. E lo dice con quella punta di scoramento tipica di chi si trova a prendere una decisione del genere senza avere il 100% di autonomia sulla scelta.

Gaviratese, 37 anni nel prossimo giugno, enfant prodige azzurro con quella strepitosa medaglia d’argento a Sidney 2000, quattro volte campione del mondo tre delle quali sul “suo” doppio leggero, Elia si trova a dire basta in un anno olimpico, perdendo così la possibilità di disputare i Giochi – delizia ma anche croce tremenda – per la quinta volta consecutiva.

Il fisico è ancora ai massimi livelli, la voglia di allenarsi e faticare non è mai mancata. Perché quindi Elia Luini dice basta? E perché ora?
«Ora perché stanno per iniziare le gare nazionali, e il fatto che il mio nome non sia nella lista partenti ha iniziato a incuriosire i tifosi. Giusto dire adesso le cose come stanno: sono ancora tesserato per l’Aniene, ma a fine 2015 ho deciso di smettere».

Non senza amarezza verso la nazionale.
«Verso chi da tempo causa conflitti interni alla nazionale, dove la situazione è per me da tempo molto difficile. Attenzione però: non parlo degli atleti che conosco bene, con i quali ho lavorato e gareggiato spesso. Il problema sta nell’interfacciarsi con i tecnici».

In che senso?
«Semplicemente, all’interno del gruppo azzurro ognuno fa gli interessi del proprio gruppo sportivo. Banalmente, tra i pesi leggeri (la categoria di Elia ndr) chi è della Polizia è favorito, mentre tra i senior la vita è più facile per i tesserati delle Fiamme Gialle. Poi è vero che il direttore tecnico superiore è La Mura, ma sul campo di allenamento ci vanno altri che poi gli riferiscono quel che a loro fa più comodo. Diciamo che non ho avuto vita facile». 

canottaggio elia luini

Qualche esempio.
«Uno dei metodi di valutazione di noi canottieri è il remoergometro, strumento sul quale si possono vedere una serie di parametri. Ebbene, io sono tutt’ora uno dei migliori pesi leggeri italiani, se non il migliore e invece vengo ormai escluso dai sei posti olimpici del mio settore (gli equipaggi PL ai Giochi sono il doppio e il quattro senza ndr). Quando ho chiesto spiegazioni mi è stato risposto che per me il remoergometro non fa testo. E poi, lo scorso anno venni allontanato da un raduno della Nazionale nonostante avessi seguito tutte le procedure antidoping, agendo con la massima correttezza. Oggi abbiamo il caso di Vincenzo Abbagnale che ha saltato tre controlli, potrebbe essere squalificato – cosa che non gli auguro assolutamente – ma intanto rimane ad allenarsi con l’Italia. Io dovevo essere di esempio, e non ho fatto nulla di male; lui è ancora in ritiro. E vogliamo parlare dei problemi di peso che qualcuno ha avanzato? Mai avuto un problema in vent’anni di attività, ma c’è chi ha sostenuto il contrario».

Lei avrebbe accettato le esclusioni se…
«Se il settore pesi leggeri in questi anni avesse fatto dei risultati assoluti. Invece in questo quadriennio olimpico siamo a quota zero medaglie in tre Mondiali, per quanto riguarda gli armi olimpici. E nel 2013 uno dei rari podi è arrivato da me e Martino Goretti, argento sul “due senza” leggero, un’imbarcazione sulla quale nemmeno volevano mettermi. Ero destinato a una barca che non aveva possibilità di vittoria. Nel 2015 ho fatto i mondiali sull’otto leggero: non è una specialità “mia” ma mi sono adattato, era l’unico modo per restare nel giro della Nazionale e l’ho fatto pensando in chiave Olimpica. Non è servito».

Purtroppo siamo al bilancio finale. Del ricordo più brutto ne parliamo tra poco; qual è invece quello più bello?
«Più di uno, quelli legati alla prima parte della carriera quando vissi un’escalation incredibile. Salii sul doppio per affiancare Pettinari in un momento in cui nessuno sembrava all’altezza, vinsi l’argento a Sidney a 21 anni e poi ci fu il tris mondiale. Stupendo».

E poi il dolore, le Olimpiadi svanite in semifinale ad Atene, da superfavoriti, con Pettinari messo ko da un infortunio e comunque un avvicinamento alle gare non perfetto. Pensa ancora a quei momenti?
«Onestamente sì, l’oro olimpico mancato è stata una delusione enorme. E tra l’altro da lì in avanti ho dovuto spesso fare i conti con problemi e sfortuna come a Londra 2012, quando il mio compagno di doppio Bertini si fece male alla vigilia dei Giochi. Ma ripensarci è inutile, indietro non si torna».

Indietro no. Davanti invece?
«Non so ancora di preciso. Vorrei rimanere nel mondo del remo, ma per adesso non penso di lavorare a tempo pieno. Devo ringraziare la Canottieri Varese e la palestra Laguna Blu che negli ultimi anni mi hanno ospitato e permesso di allenarmi nelle loro strutture. E tutti quelli che hanno fatto il tifo per me, naturalmente, anche nei momenti più complicati».

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 17 Marzo 2016
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