Matteo Bianchi fregato dalle “segrete stanze”. “Sorpresa e rammarico”
Un anno fa era l'uomo giusto per fare il sindaco di Varese, ora il deputato uscente non ha chance di tornare alla Camera, fatto fuori insieme ad altri vicini a Giorgetti

Un anno fa, alle elezioni comunali di Varese, era l’uomo giusto, l’aspirante sindaco con cui la Lega doveva riconquistare Palazzo Estense. Ma a undici mesi di distanza Matteo Bianchi, deputato uscente nel collegio di Gallarate, nelle liste della Lega per la Camera finisce al terzo posto. In sostanza: certo di non tornare alla Camera.
«Sorpresa (mia e vostra) e rammarico» dice oggi l’interessato, a due giorni dalla chiusura delle liste, in un post in cui commenta la decisione. «Una candidatura, quindi, che tanti definiscono “di bandiera” e che difficilmente mi porterà di nuovo tra i banchi di Montecitorio». Bianchi è terzo in lista, dietro a Umberto Bossi (il grande capo, ricandidato solo a Varese) ma anche dietro Simona Bordonali, anche lei deputata uscente, “paracadutata” sul Varesotto da Brescia.
Con il suo post Bianchi parla «sollecitato» da tanti, parla «ai militanti con cui ho condiviso tante battaglie e alle realtà associative con cui ho avuto il piacere di collaborare per il bene della nostra comunità». E in questi giorni di attestati di stima gliene sono arrivati tanti e persino non solo dai suoi: a microfoni spenti e lontano dalla tentazione di polemizzare in casa altrui, anche un esponente Pd della zona, un avversario politico, nei giorni scorsi ci diceva: «Se facessero una manifestazione per ricandidarlo, io ci andrei, perché è uno che davvero si è speso in questi anni e sa lavorare insieme per il territorio».

E perché viene fatto fuori Bianchi? I posti in Parlamento sono pochi, tagliati dall’ultima riforma che li ha ridotti sull’onda del populismo, ma poi ci sono anche i soliti giochi di correnti, per cui si approfitta del momento del voto per far fuori chi non è gradito, suggerisce il post dell’interessato. «Se anche tornare in parlamento diventa oggi, per me, una missione impossibile, la mia passione politica, fondata su idee e valori di vita pubblica e privata (come autonomia, tradizione e imprenditorialità) è più forte che mai» continua nel suo post, che si chiude con una citazione di Winston Churchill.
«Per voi ci sarò sempre, a prescindere da qualsiasi alchimia. È nei momenti difficili che si misura la tempra di un uomo, e sono convinto che questo tipo di rappresentanza, basato su scelte e considerazioni fatte in segrete stanze, abbia vita breve».

È sempre successo, succede anche negli altri partiti, è vero.
Ma ogni volta queste operazioni raccontano anche qualcosa del partito, della direzione che prende. Bianchi cita brevemente anche i «retroscena di palazzo», che in questi giorni si sprecano. Il Corriere della Sera ha citato il suo nome tra i parlamentari fedeli a Giorgetti “fatti fuori” dalla Lega ancora saldamente in mano a Salvini. Fuori Matteo Bianchi come Paolo Grimoldi, Paolo Ferrari, Barbara Saltamarini, “tutti rigorosamente atlantisti, tutti meticolosamente distanti dalla tentazione di criticare l’obbligo vaccinale o il Green pass”. La pattuglia di Giancarlo Giorgetti viene così ridotta ai minimi termini.
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Dispiace per Bianchi e dispiace come il confronto sia malvisto da chi guida un partito con modalità da padre-padrone. Fossi un elettore Leghista esprimerei il mio dissendo rivolgendo le mie preferenze ai “vicini di casa” Meloniani.
Ormai le candidature imposte dall’alto sono la regola in tutti i partiti, tanto è vero che da ogni parte molti degli gli esclusi si sono affrettati a cambiare casacca.
Che arrivi da lì l’aumento dell’astensionismo?