Si salva dall’auto in fiamme ma è positivo all’alcool test, processo a Varese
Il perito della difesa contesta il palloncino: “Non è preciso e potrebbe aver influito nell’analisi del livello alcolemico anche l’inalazione dei vapori di benzina inalati dal conducente prima dell'impatto”

È riuscito a saltar fuori dalla sua Ford oramai in fiamme dopo l’uscita di strada nella discesona di via Tasso a Varese, mentre andava dunque in direzione Capolago a cavallo della mezzanotte fra il 29 e il 30 luglio del 2021. Una candela da accendere in chiesa: auto distrutta, anzi carbonizzata per le fiamme che hanno divorato l’intero abitacolo, poi spente dai vigili del fuoco, i primi ad arrivare, seguiti dal 118 e dalla polizia locale di Varese.
Gli agenti però, su quel ragazzo scampato miracolosamente alle fiamme vollero vederci chiaro e optarono per l’alcool test con un macchinario modello «7110» il quale rileva in due misurazioni “al soffio” avvenute a distanza di pochi minuti (ma oltre mezzora dopo l’uscita di strada e il conseguente incendio) valori di percentuale alcolica nel sangue pari a 1,65 in entrambe le rilevazioni. Scatta la denuncia per la guida in stato d’ebbrezza che puntualmente finisce dinanzi al tribunale di Varese.
Il difensore del ragazzo, l’avvocato Gianluca Franchi però, indaga sul caso e attiva un esperto del settore che, incaricato come perito, in aula ha parlato di “valori inattendibili“ rispetto alle risultanze di quello specifico modello di alcoltest che sullo scontrino aveva rilasciato la dicitura “test non preciso, volume non sufficiente”. Ma non solo. L’ipotesi analizzata dal perito – un professore dell’Insubria esperto in tossicologia – è che i forti vapori di benzina inalati dal giovane, passati dagli alveoli alle derivazioni sanguigne siano così entrati in circolo nel conducente e “travasati“ nel beccuccio del macchinario che analizza il contenuto del sangue e identifica il valore alcolico.
Una situazione che a detta del Professore potrebbe “drogare“ il risultato finale del test, anche alla luce del fatto l’unica prova regina inappuntabile, «in questi casi, risulta l’esame con prelievo ematico, che non è stato fatto».
Il tribunale dovrà decidere dunque, oltre ogni ragionevole dubbio, la condizione in cui il ragazzo stava conducendo il suo veicolo (andato ad impattare contro una recinzione e un manufatto che custodisce una centralina del gas): ubriaco, o solo “stridito“ dalle esalazioni della benzina verde che un secondo dopo l’impatto ha carbonizzato la sua auto? A dicembre la decisione.
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