Una sfida più grande che in passato

Giuseppe Zatti è l'agronomo incaricato dalla Coldiretti per definire le potenzialità del territorio. "Una grande sfida che richiede un percorso impegnativo"

"Se dall’Ottocento ad oggi le superfici vitate sono passate da mille a diciassette ettari occorre porsi delle domande". Come a dire che potrebbe essere stata la qualità non eccelsa del nostro vino a fare scomparire la produzione vitivinicola dal Verbano. Ha un accento provocatorio l’affermazione dell’agronomo Giuseppe Zatti, al quale la Coldiretti ha incaricato uno studio di ricerca che definirà in futuro i presupposti scientifici del rilancio, stabilendo quali saranno i vitigni da potenziare, quali da recuperare e quale la qualità di vino su cui puntare. 

Libero professionista, Giuseppe Zatti lavora con il Dipartimento di coltivazioni arb

"Ma certo si tratta di un percorso che comporta uno sforzo notevole". E dopo questa prima ricognizione c’è da essere ottimisti? "Sono ottimista per forza, questa è una sfida su cui ho puntato, perché rappresenta una necessità per il territorio". Una sfida molto impegnativa ed è bene saperlo "La mia provocazione iniziale ha un fondamento storico: nella seconda metà

oree dell’Università statale. Università, quella di Milano, con cui la Coldiretti ha deciso di stabilire un legame che offra il supporto scientifico all’impresa. Il primo passo di questa operazione è stato fatto ieri mattina, quando Zatti ha svolto una indagine fra i vigneti e le cantine degli "irriducibili" come li ha definiti. Ha visitato quindici vigneti e campionato una quarantina di uve. Ha classificato una ventina di vitigni, fra antichi e nuovi. Fra i bianchi ha trovato Chardonnay, Malvasia, Riesling, fra i rossi alcuni classici, Barbera, Nebbiolo, Vespolina, Bonardina e non classici, alcuni dei quali rappresentano delle originalità, che potrebbero rappresentare il vino esclusivo da potenziare. dell’Ottocento quando viene a cadere il confine con il Piemonte, le importazioni vengono liberalizzate e le potenti aziende piemontesi hanno la meglio sulle nostre, la produzione locale crolla, come ricordava Redaelli, anche per la facilità dei trasporti ferroviari e per le malattie che intaccano i vitigni". Insomma un percorso alla ricerca della qualità che oggi non deve fare fronte solo alla concorrenza piemontese, ma a quella del mercato globalizzato.
Serviranno studi e tempi che si preannunciano lunghissimi, basti pensare alla durata della ricerca che stabilirà solo i presupposti scientifici. "Questi studi hanno un’azione biennale, occorrono infatti due annate che diano risult
ati coerenti altrimenti è necessario ripetere il tutto un terzo anno".
(La foto è di Marcello Mascherpa)

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Settembre 2001
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