Professori e impiegati dell’Insubria a bocca asciutta
Gli esercenti non accettano più i buoni pasto per i dipendenti dell'università. La cooperativa a cui è stato affidato il servizio non paga da mesi
E’ stato un mese di quaresima per dipendenti e professori dell’Università dell’Insubria. Diversi esercenti della città, infatti, hanno deciso di non accettare più i buoni pasto. Motivo: la cooperativa che eroga il servizio è in forte ritardo con i pagamenti e i ristoratori sospettano che non riusciranno più ad avere i loro soldi. Per alcuni commercianti si tratta di un vero e proprio salasso: 10mila e anche 15mila euro non pagati. Per impiegati e professori una beffa.
L’Università dell’Insubria aveva scelto di convenzionarsi con La Cascina cooperativa di Roma, che attraverso il marchio Break Time gestisce ben 25mila convenzioni con esercizi pubblici di tutto il territorio nazionale. «L’università ci ha detto di aver regolarmente corrisposto il dovuto alla Break Time – spiega un esercente di viale Borri – quest’ultima però non mi paga le fatture dallo scorso gennaio».
I mancati pagamenti, settimana dopo settimana, diventano una costante in tutta Varese. Non vedono una lira da tempo, tra gli altri, la cooperativa La Castellanza di via S.Imerio, il Jordan’s Pub di viale Borri, il Fashion Food di viale Borri. Quest’ultimo, esasperato, ha apposto un cartello nel locale: “Non accettiamo buoni pasto Break Time fino a nuovo ordine”.
Più che un ordine, si aspettano i soldi. Massimo Formaggia, titolare del Jordan’s pub, non è tra gli imprenditori più danneggiati, ma è deciso a non lasciar perdere.
«Qui in viale Borri nessuno accetta più quei buoni pasto. La situazione è questa: prima una serie di ritardi nei pagamenti, poi più nulla. Sono quattro mesi che non mi pagano. Ho chiamato più volte il loro numero e ogni volta mi rispondevano che il responsabile non c’era».
Formaggia si è anche rivolto alla Confesercenti. «Ho cercato anch’io più volte di telefonare a La Cascina – spiega Giorgio Gusella, funzionario dell’associazione di categoria – ma non sono mai riuscito a parlare con un responsabile. Un mese fa ho mandato un fax, ma ancora nessuna risposta. Già una decina di associati si sono rivolti a noi per lamentare i mancati pagamenti. Vogliamo solo sapere perché si è arrivati a questa situazione, poi vedremo il da farsi. Se entro quindici giorni non avremo risposta consulteremo il nostro ufficio legale, intanto abbiamo consigliato agli associati di sospendere il servizio».
Ed è proprio quello che hanno fatto praticamente tutti i locali della città, lasciando a bocca asciutta i lavoratori dell’Università. «Qualcuno viene ancora e si paga il pranzo, ma molti non vengono più» racconta un altro ristoratore che non vuole essere citato. La vicenda non si chiude qua, e si appresta a finire in un mare di carte bollate. All’Università dell’Insubria, invece, abbiamo chiesto come è maturata la decisione di scegliere il marchio Break Time. Risposta lapidaria: no comment.
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