Delitto sul lago di Varese. 350 anni fa
Presentato a Villa Recalcati il volume di Amerigo Giorgetti Inchiesta sopra l'uccisione di una guardia dei laghi varesini
La fine non è nota. Potremmo dire così, parafrasando il titolo di un bel giallo (La fine è nota di Geoffrey Holiday Hall), a proposito della vicenda al centro di Inchiesta sopra l’uccisione di una guardia dei laghi varesini (Macchione editore, pp. 151, € 16,00), il libro di Amerigo Giorgetti presentato martedì 22 giugno a Villa Recalcati.
Attraverso un’attenta ricostruzione storica basata su una scrupolosa ricerca d’archivio (condotta da Angelo Barbieri), il volume dà conto di un avvenimento accaduto il 17 novembre del 1653 sul lago di Varese (all’epoca, però, denominato lago di Gavirate o Bodio): l’uccisione a colpi di archibugio di Carlo Montalbetti. Chi era costui? Chi lo uccise e per quale ragione? Soprattutto, che senso ha ripescare (è proprio il caso di dirlo e si capirà presto perché) oggi questa vicenda, quale il valore che essa riveste per i nostri giorni?
La risposta a tutte queste domande è presto detta: Carlo Montalbetti era un camparo, vale a dire una guardia del nuovo padrone dei laghi, il conte Francesco Briglia, vescovo di Pavia e commendatario della Badia di Capolago, che dal giugno del 1652 aveva acquistato dallo stato milanese il lago di Gavirate. Ad ucciderlo alcune persone armate che si trovavano sulla riva di Bardello per la tradizionale pesca di scardole (la cosiddetta "pesca di San Carlo" perché avveniva il giorno della festa del santo), il cui gesto fu subito facile interpretare come un atto di ostilità nei confronti proprio del conte e della nuova situazione venutasi a creare che li privava di antichi privilegi, fra cui il diritto consuetudinario alla libera pesca.
Raccontata semplicemente così, la storia sembra prestarsi al più alla costruzione della trama di un giallo e, in effetti, il libro di Giorgetti del giallo ha spesso le movenze. Ma, se questo avviene, è solo per rendere più avvincente la narrazione, per far sì che tutta la documentazione storica di cui ci si è avvalsi per ricostruire i fatti e di cui vien dato puntuale conto non risulti farraginosa, non tolga il piacere della lettura ad un pubblico più vasto dei soli "addetti ai lavori". Fra l’altro, tale documentazione è stata anche messa a disposizione in Internet ed è consultabile sul sito dell’Archivio Storico del Territorio dei Laghi Varesini (del cui progetto Giorgetti è coordinatore), all’indirizzo www.archiviodeilaghi.net.
In realtà, l’originalità del libro consiste nell’essere una creatura ibrida, né vero e proprio romanzo (ma che dell’opera di narrativa pura conserva la freschezza e immediatezza), né serioso (ma certamente serio) lavoro storico; quel che ne è risultato è "una felice commistione di stili", secondo le parole usate da Gianfranco Giuliani, moderatore dell’incontro di presentazione, o, per usare la definizione dell’autore stesso, "un saggio in forma di racconto".
Tutti d’accordo, poi, i relatori intervenuti (dall’Assessore al Marketing Territoriale e Identità Culturale della Provincia di Varese Giangiacomo Longoni ad Alba Bernard, da Luigi Stadera all’Assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia Ettore Albertoni), sul valore attuale del volume, che consiste nella capacità di ricostruire tutto un mondo, nel cogliere in un episodio di per sé trascurabile il simbolo di un momento storico di passaggio, la linea di demarcazione di un cambiamento socio-economico di grande importanza. In sintesi, la capacità di restituirci con vivezza e spirito critico un pezzo del nostro passato, di essere un appassionato resoconto della vita del nostro territorio, nella fattispecie quella sviluppatasi intorno al lago. E, così facendo, dimostrarci ancora una volta come la storia di oggi trovi le sue risposte in quella di ieri.
Ma, nonostante la luce che il libro di Giorgetti getta su quel passato, una domanda resta senza risposta: come andò a finire, quale fu la vera conclusione di tutto l’affaire Montalbetti? Non è dato saperlo: di certo non si arrivò mai ad un processo ai colpevoli del delitto. Si giunse ad una transazione fra le parti in causa, fra il conte Biglia e il suo rivale Teodoro Besozzi, signore di Bardello? Può essere, ma, come ha precisato Luigi Stadera, a conclusione del suo intervento, «l’analisi dei documenti storici non porta sempre ad una verità assoluta, ma spesso, come in questo caso, a formulare solo delle ipotesi».
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