Se il lavoro atipico è una malattia cronica
Secondo un’indagine Eurispes i due terzi dei lavoratori atipici di oggi lo sono da sempre, e vivono questa condizione come una malattia. I sintomi? Ansia, stress e insicurezza.
Due lavoratori atipici su tre hanno sempre lavorato con contratti particolari: sono, cioè, dei “precari cronici”. Questo dato è stato fornito da un’anticipazione dell’ultimo rapporto Eurispes, la cui versione integrale arriverà solo a fine mese. A diffondere i dati è stato proprio il direttore dell’istituto, Gian Maria Fara. In particolare, sui 446 lavoratori intervistati, ben il 61,7% degli uomini e il 62,8% delle donne ha affermato di aver sempre lavorato con contratti atipici. La tipologia di contratto più frequente è quella “a progetto” (con il 27,9%), seguita a ruota dai contratti occasionali e di collaborazione.
Un dato forse inaspettato è anche quello che riguarda l’età dei lavoratori in questa condizione: l’impatto maggiore, infatti, non è sui giovani (impatto del 57,3%) ma sui lavoratori più maturi (tra il 66,9% e il 67,8%). Inoltre il segmento più coinvolto in questo fenomeno è quello che offre le prestazioni più qualificate: ha contratti atipici il 55,9 % dei possessori di master o specializzazione e ben l’83,2% dei laureati.
Il timore, quindi, è che per molti il lavoro atipico non sia un’opportunità di primo inserimento lavorativo ma, in realtà, una condizione d’incertezza permanente. In effetti questa condizione non è certo percepita da chi la vive come un’occasione di dinamismo e novità ma, anzi, è quasi paragonata ad una malattia. Il 52% delle donne accusa infatti stati d’ansia o di stress, contro il 37% degli uomini. I problemi maggiori, poi, deriverebbero dall’irregolarità dei pagamenti (il 30% non percepisce uno stipendio mensile), che non consentirebbe di affrontare autonomamente e con serenità le spese quotidiane. Non a caso circa i due terzi degli intervistati hanno affermato di essere poco o per niente soddisfatti del proprio compenso. Tutto questo senza tenere conto della fiducia nel futuro: l’89,7% del campione è risultato celibe o nubile, ed ha dichiarato, per il 71%, che la condizione di atipico ha influito negativamente sul suo desiderio di acquistare una casa tramite mutuo.
Durante la presentazione, Fara, ha accusato la cattiva interpretazione, in Italia, del concetto di lavoro flessibile, affermando che “purtroppo in Italia è stato interpretato solo come possibilità per l’imprenditore di modificare in qualsiasi momento le condizioni del rapporto di lavoro (e quindi anche le modalità di cessazione), e non come strumento in grado di rendere flessibile l’organizzazione del lavoro”. Un “equivoco” che sta causando l’insoddisfazione di molti lavoratori.
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