“Duecento concerti, e non è finita”
Dalla fine degli anni ’60 all’oratorio di Giubiano fino ai concerti recenti in teatro. La storia del Distretto 51
La musica si sente da lontano e quando entriamo nel piccolo teatro del Molina, dove il Distretto 51 abitualmente si trova a far le prove, veniamo subito avvolti dall’energia della band. Voci, sax, piano, tromba, percussioni e quant’altro ci accolgono all’interno della sala. Sul palco signori sulla quarantina e passa, professionisti che nella vita hanno altri ruoli ma che non hanno mai abbandonata la loro vecchia passione per la musica.
L’ultima delle collaborazioni, quella avviata con il coro dei Greensleeves rende ancora più caldo il soul che si mischia a elementi gospel.
La musica si espande in tutta la sala e si fatica a stare fermi, le mani e le gambe seguono il gruppo.
Una storia lunga quella del Distretto. Forse proprio la più vecchia tra le band varesine. “Tutto nasce alla fine degli anni ’60 all’oratorio di Giubiano, raccontano Johnny, il cantante del gruppo e Peppo, il chitarrista, – facevamo principalmente musica rock.” Poi la storia, come per tante band, deve tener conto degli impegni scolastici dei più e così gli anni ’70 segnano un momento di distacco in cui ognuno segue percorsi diversi”.
Sarà il palazzetto e un concerto di Guccini a far rincontrare i due vecchi amici. “È scattata di nuovo la voglia di rincominciare, di riprendere l’avventura. Abbiamo ricontattato tutti ma ci rendevamo conto che ci mancava un pianoforte. A questo ci pensò Maurizio Girompini che ci presentò il “Bobo” Maroni. L’arrivo del sax fu davvero fortuito. A una partita di calcetto a Sacro Monte, persa miseramente, conoscemmo Ivan e con lui il sax ”.
Correvano gli anni ottanta e, anche se ancora non aveva la popolarità che da lì a poco sarebbe arrivata, il gruppo suonava cover del Boss, Bruce Springsteen.
Il piacere di raccontare la loro storia si legge negli occhi, di Peppo e di Johnny, seguono così battute e risate per quelle avventure lontane nel tempo che segnano una parte di loro.
“Il salto di qualità musicale arrivò nel 1985 in un concerto organizzato dallo Splash a Ville Ponti. Facemmo il primo tempo rock e il secondo soul e rhythm’n blues. La gente all’inizio di questa nostra scelta non capiva. Venivano per ascoltare la musica del Boss e invece trovavano tutt’altro”. Ma ormai la svolta c’era stata e nel 1988 arriva la consacrazione con Porretta terme e il maggiore festival della loro nuova musica. “I fiati divennero il nostro primo supporto e così il Distretto 51 allungò il suo nome con i Capric horns. Il nome nasconde lo stesso segno zodiacale che avevano i tre musicisti. A questo punto ci mancava un coro. Per trovarlo abbiamo messo la nostra inserzione alla Casa del disco. Un foglio con su scritto «Se hai una voce bianca e un’anima nera, sei fatta per noi», così abbiamo trovato Lara, Simona e Giusy, diventate le Sweet soul sisters”.
Dal rock al soul e rhythm’n blues il salto era ormai compiuto. Oltre 200 concerti in 30 anni e ora finalmente il loro primo disco. “Abbiamo davvero suonato ovunque. Davanti a dieci persone che poi ci chiedevano il liscio fino alla Società del giardino a Milano per una convention di una nota azienda. A due di noi ci portarono le cravatte perché eravamo senza”.
La miscela del loro successo, anche se il tipo di musica e i pochi concerti recenti ne fanno più un fenomeno legato ai quarantenni di oggi, è legata a tre fattori. “Ci divertiamo, abbiamo una scaletta molto solida e anche se non ci sono grandi musicisti è premiato il buon lavoro di gruppo. Ora, anche se ci avvaliamo ancora delle vecchie collaborazioni siamo tornati il Distretto 51 senza alcun aggiunta di nomi”.
Distretto 51 è sinonimo di un pezzo della storia della città. Un pezzo di storia che ha visto grandi imprese collettive, basti pensare a Radio Varese. Un fenomeno che ha sempre contraddistinto la voglia di espressione dei giovani. Oggi loro, con un’altra storica band, Polverfolk, sono ancora lì a gustare il piacere di stare sul palco e divertirsi e far divertire, con una carica di energia che non può che scendere quei gradini e avvolgere chiunque stia ad ascoltarli.
La band
Johnny Daverio, voce
Simona Pandici, voce
Peppe Nasoni, chitarra
Gege Rossi, chitarra
Maurizio Carosi, basso
Maurizio Palancani, batteria
Luca Fraula, pianoforte
Roberto "Bobo" Maroni, hammond organ
Ferruccio Mambrini, tromba
Dario Paini, Sax tenore
Nathon Sinigalia, sax contalto
Ivan Caico, sax baritono
Luca Giacolone, trombone
Marco Caccianiga, percussioni
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