La tragedia di Troia vive in tutte le guerre
Lunedì sera al Teatro Gassman di Gallarate un pubblico giovane e partecipe ha applaudito la versione delle Troiane di Serena Sinigaglia
La terra patria, l’acqua dei pianti, il fuoco della distruzione. Ma anche povere valigie di cartone, spoglie di un glorioso passato di cui restano solo le ceneri: è una scenografia essenziale e potente quella delle Troiane portate in scena da Serena Sinigaglia, che mette in risalto l’assurdità e la disperata impotenza di una guerra vista dalla parte degli sconfitti. Un’opera molto apprezzata dal pubblico presente lunedì sera al Condominio, tra cui numerosi giovani, che nel finale ha premiato regista e attori della compagnia A.T.I.R. con un’ovazione di applausi.
Da un lato l’aggressività degli uomini, violenti esseri nerovestiti assetati di sangue e di gloria, dall’altro la disperazione delle Troiane, innocenti colombe vestite di bianco che portano su di sé tutte le conseguenze della guerra. Emozionante è proprio la fisicità dello spettacolo, in cui i corpi degli attori esprimono al meglio le passioni delle protagoniste, fino al culmine del nudo di Cassandra: la sacerdotessa votata alla verginità, costretta a strapparsi le bende sacre in vista di un odioso matrimonio con il vincitore, è l’emblema dell’umanità calpestata, senza più alcuna dignità.
La versione "moderna" di Sinigaglia mantiene le promesse e rende accessibile e godibile per tutti la tragedia di Euripide, rappresentata per la prima volta 415 anni prima della nascita di Cristo. Dalla traduzione, curata appositamente da Laura Curino per i giovani attori dell’A.T.I.R. e che nella sua disinvoltura non tradisce lo spirito dell’opera, al trucco scenico di inserire nello spettacolo episodi tratti dall’Iliade, per bilanciare azione e lirismo ma anche per raccontare gli antefatti della caduta di Troia. Così, all’apparire di Andromaca in lutto per il marito, rivediamo in un flash-back narrativo il loro addio alle porte Scee, e quando viene decisa l’uccisione di Astianatte ritorniamo indietro nel tempo, commuovendoci per i momenti spensierati di festa del bambino.
Il destino dei vivi è peggiore di quello dei morti, ormai in pace: Ecuba, la famosa regina di Troia ormai ridotta a trascinarsi nella polvere della città, nutre l’ultima illusione della speranza, sola possibilità rimasta agli sconfitti e che cerca di instillare anche nella disperata Andromaca, vedova di Ettore. Anche quest’illusione viene a cadere all’annuncio che i Greci hanno deciso di uccidere il piccolo Astianatte scaraventandolo giù dalle mura: pietà e giustizia non esistono più. Rimane il monito di Cassandra: «Chi è sano di mente deve ripudiare la guerra».
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