Leo Gullotta: «Pirandello, spietato con la società di ieri e ancora attuale»

Il famoso attore catanese porterà in scena da martedì 27 a giovedì 29 novembre all'Apollonio "L'uomo, la bestia e la virtù"

Torna al teatro di prosa Leo Gullotta, il camaleontico attore italiano in grado di passare con disinvoltura da ruoli drammatici a ruoli comici, dal film "Vajont" alle gag col Bagaglino. A segnare il suo ritorno sul palcoscenico è "L’uomo, la bestia e la virtù", versione diretta da Fabio Grossi della commedia di Luigi Pirandello. Una commedia "tragica", che è un quadro graffiante della società borghese di inizio Novecento e delle sue ipocrisie: sulla scena Gullotta – di cui di seguito riportiamo l’intervista – sarà il professor Paolino (l’Uomo), un professore integerrimo che mette incinta la virtuosa signora Perella (la Virtù), durante una delle assenze del marito che la trascura (la Bestia). La vicenda si impernia sugli stratagemmi del professore per far sì che il marito assolva ai suoi doveri coniugali e dia così un padre legittimo al bambino. Verità, amore, non contano, ciò che importa è la maschera che ognuno dei personaggi indossa nella società… E rimane una domanda: è diversa la Bestia perché “diversa”, o sono Bestie tutti coloro che la considerano tale 

La caratteristica che in lei si nota a prima vista è la poliedricità (dal teatro classico a film come "Pacco, doppio pacco e contropaccotto"… fino alla tv con il Bagaglino). C’è una forma d’arte che sente più sua? 

Con una metafora direi: così come i medici devono conoscere tutto il corpo umano, un attore oltre ad avere una preparazione tecnica deve conoscere tutte le forme d’arte, tutti i linguaggi. Solo così saranno "attori con la A maiuscola", che di volta in volta interpretano dei ruoli e non si fissano in un "personaggio", che è una cosa ben diversa. Non ho un mezzo preferito: nel teatro si entra nel personaggio e si condivide ciò che si fa con il pubblico, nella tv invece c’è più passività. Ma sarebbe come chiedere a una mamma quale figlio preferisce. 

Nel testo Pirandello ricorda che l’attore è l’ "upocritès", è colui che finge. Per lei chi è l’attore? 

Attore è il clown, colui che gioca ed è pronto a darsi tutto al pubblico nella finzione del suo ruolo. La verità sta nella finzione, una finzione che bisogna rendere realtà. E’ importante però che l’attore non confonda la vita con il lavoro. Questo è un mestiere che si presta molto a questo tipo di fraintendimento: a me non è mai successo in 42 anni di attività, penso capiti solo agli improvvisati, che cadono in un gioco di frustrazioni. 

Cosa è cambiato dal testo di Pirandello? 

Assolutamente niente, la versione teatrale è rispettosissima del testo di Pirandello. Del resto, non c’era nessun bisogno di ri-modernarlo. 

Di Pirandello oltre a "L’uomo, la bestia e la virtù" lei ha interpretato anche "Sei personaggi in cerca d’autore", oltre ad aver esordito nel ’63 con "Stasera si recita a soggetto". Che cosa ama di soprattutto di questo autore? 

In realtà la prima volta mi ci sono trovato per caso, entusiasta come potrebbe essere un qualunque adolescente alle prime armi. Da "Stasera si recita a soggetto", poi, sono iniziati dieci anni di collaborazione con il Teatro Stabile di Catania. Di Pirandello mi piace il modo in cui parla dell’uomo, dell’individuo, il fatto che sappia raccontare con spietatezza la società di ieri, in un modo che si adatta benissimo alla realtà di oggi.

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Pubblicato il 27 Novembre 2007
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