Rita Borsellino, dalla Sicilia per combattere la mafia anche in Lombardia

La sorella del giudice Paolo Borsellino assassinato dai mafiosi nel 1992, capolista al Senato per Sinistra Arcobaleno, è stata ospite alle Ville Ponti di Varese

Un’ospite d’eccezione per le Ville Ponti. Venerdì pomeriggio la splendida location varesina, resa ancora più gradevole dalla tersa giornata primaverile, ha accolto Rita Borsellino, capolista della Sinistra Arcobaleno al Senato in Lombardia nelle prossime elezioni politiche, per un incontro sul tema "Mafia e politica". Palermitana, classe 1945, sorella del giudice Paolo Borsellino assassinato dai mafiosi con la sua scorsa nell’estate 1992 e da anni in prima linea nella lotta contro la mafia, Rita Borsellino ha richiamato un foltissimo pubblico che ha riempito la sala Bertini. Ha funzionato quindi il richiamo di un personaggio di valori forti, che ha fatto del suo dolore privato una fonte di energie pubbliche per l’azione nell’associazionismo e nella vita politica, non solo nella nativa Sicilia ma in tutta Italia perchè, ricorda, le mafie sono ormai fenomeno nazionale ed internazionale. Con lei sul palco delle ville Ponti c’erano la senatrice Maria Agostina Pellegatta del PdCI, Giampaolo Livetti candidato presidente della provincia di Varese per la Sinistra Arcobaleno, e Tatiana Ruperto candidata alla Camera per lo stesso movimento,. Al tavolo dei relatori anche Mauro Sabbadini
responsabile giustizia e legalità di Arci Varese, da tempo in contatto
con l’associazione Libera, di cui Rita Borsellino è presidente onorario
ed è stata vicepresidente per dodici anni.

Rita Borsellino nasconde sotto il sorriso mite una vena comunicativa e una determinazione non comuni, che mostra nel breve incontro con la stampa organizzato subito prima dell’occasione pubblica con militanti ed elettori. «La mafia è diventata quella che è grazie ai contatti con la politica» ricorda, «altrimenti sarebbe rimasta quella della coppola e della lupara. È grazie ai suoi agganci in politica se oggi colonizza tutti i settori dell’economia». "Spalleggiata" dal segretario provinciale di Rifondazione Comunista Giovanni Bonometti, risponde sicura alle domande dei giornalisti, mostrandosi fiduciosa nell’azione del movimento antimafia. «Sarebbe sbagliato» ci dice Borsellino spiegando la candidatura in Lombardia, «associare le mafie al solo Meridione, le associazioni criminali si sono trasformate, oggi usano il Sud "solo" per farci gli affari sporchi e i delitti, non ci investono, in compenso vanno a riciclare i profitti illecit altrove, dove rl’economia è fiorente». Col che accumulano ulteriori ricchezze, influenza e potere. «E portano qui anche i loro metodi, a volte: si vedano le stragi mafiose di Firenze e Milano nel 1993. Oltretutto sempre più spesso le mafie trovano collaboratori (collaborazionisti? ndr) "autoctoni" al Nord». L’Italia e il Sud in particolare hanno bisogno di una sterzata, o di una sferzata se si preferisce, conviene Borsellino: una "scossa" «contro la rassegnazione che porta al non voto. Io dico agli elettori invece di scegliere, e farlo sulla base dei programmi che le forze politiche propongono».

Fra Nord e Sud le dicotomie più radicali resistono saldamente. «Nella mia Sicilia le amministrazioni Cuffaro ci hanno lasciato in eredità problemi terribili tutti da affrontare, per tacere della pesante ipoteca dal punto di vista etico». Quanto alla Lombardia, «leggevo oggi con i brividi del giuramento di Pontida dei leghisti» riferisce Borsellino. «Mi sembrava di essere in un altro Paese, una mentalità troppo differente. Se ci si sente davvero italiani bisogna metter da parte questi atteggiamenti, la distinzione, gli steccati, l’identità e cultura locale esaltati per marcare le distanze. Come Sinistra Arcobaleno invece uniamo culture politiche e non solo di diversa provenienza e nate da storie differenti, e guardiamo lontano».

Sulla questione della rappresentanza femminile la candidata senatrice commenta con soddisfazione che Sinistra Arcobaleno «ha il 50% di donne in lista, e tante, come me, in posizione di eleggibilità», mentre ad esempio l’assemblea regionale siciliana ha solo 4 donne su 90 deputati regionali. Per aprire la strada anche laggiù due donne lavorano in tandem al ritorno del centrosinistra al governo della Sicilia: Anna Finocchiaro del Pd da candidata presidente della Regione e Rita Borsellino candidata a presiedere l’Assemblea regionale, in un’alleanza unica in Italia al momento, nella quale invece delle solite liti è prevalsa l’unità di fronte al centrodestra («soprattutto quel centrodestra»).

Quando si vanno a toccare i temi più personali, la capolista al Senato non si tira indietro, raccontando del modo in cui ha trasformato l’atroce dramma della perdita del fratello assassinato in una volontà rabbiosa e indomita di reagire e di impedire che qualcosa del genere accadesse ancora. Una volontà che l’ha portata a tuffarsi a capofitto nell’azione sociale "sul campo" con Libera e con le carovane antimafia. La sua Sicilia è pur sempre dominata dal malaffare e dall’ombra della Piovra, ma ricca di speranza. La mafia cambia rapidamente, si trasforma e maschera: dopo quella delle stragi sanguinarie, «un golpe strisciante a suon di delitti contro giudici, giornalisti, forze dell’ordine» ricorda, sotto la "gestione Provenzano" era diventata silenziosa e «inabissata, perchè aveva bisogno di farsi dimenticare». Aggredita dalla risposta repressiva dello Stato e ferita nei suoi gangli economici dalle confische permesse dal pentitismo e da una legislazione più efficace, la mafia siciliana è tornata a rimpinguare zitta zitta i suoi forzieri, «tanto che oggi di fatto è pienamente inserita nel mondo degli affari». Mafia SpA, dunque, colletti bianchi e doppipetti al posto di lupare e coppole. Quando chiediamo a Rita Borsellino se il calo della violenza da parte mafiosa possa essere l’inizio della fine per chi del crimine fa il suo strumento di potere, la risposta è prudente ma fiduciosa. «Anche in passato la mafia ha saputo fare a meno del delitto quando appariva opportuno. Quanto non accade oggi può essere un segnale di vittoria se e solo se la società in generale condanna, rigetta, ripudia e isola i mafiosi e i loro metodi. E pian piano comincia a farlo, perchè questo grande movimento partito dalla Sicilia ha messo radici salde».

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Pubblicato il 05 Aprile 2008
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